Finalmente una reazione “normale” sulle prime pagine all’ennesimo annuncio del Presidente del Consiglio, il quale ieri ha presentato il sito internet dove verificare la progressione delle riforme realizzate dal governo, se l’è presa – more solito – con “gli esperti di palude” e ha chiesto di essere giudicato tra mille giorni, nel maggio del 2017. Dov’era la ciccia, al netto di annunci e polemiche? In una piccola frase lasciata cadere lì: “la Germania? Un esempio, quanto a riorganizzazione del mercato del lavoro”.
Ecco che la Stampa titola: “Lavoro, Renzi punta a flessibilità e sussidi”, Repubblica: “Ora il jobs act”. Corriere: “Modello Germania per il lavoro”. Ma cosa hanno fatto, dunque, di tanto geniale i tedeschi per ridurre la disoccupazione e aumentare la produttività? Lo spiega a pagina 6 il Sole24Ore: Formazione: metà dei ragazzi tedeschi va a formarsi in azienda 3 giorni la settimana e con il diploma tecnico ci si iscrive all’università”. Mini jobs: 7milioni e mezzo di tedeschi sono impegnati in lavori part time nel commercio, la ristorazione e l’assistenza alle famiglie. Prendono fino a 450 euro netti, senza tasse né contributi previdenziali. Cogestione: Accanto al Consiglio di Gestione, nelle imprese c’è un “consiglio di sorveglianza”, con i sindacati, che discute delle strategie. Così la contrattazione, decentrata, tiene conto dello stato di salute dell’Azienda.
Abbiamo capito. Ma tocca al governo #passodopopasso scegliere. Segnalo perciò a Renzi che Sacconi, sul Sole, rilancia sull’articolo 18 e chiede una legge delega per sostituire lo statuto dei lavoratori. Mentre Maurizio Ferrara, sul Corriere, osserva che non tutto ha funzionato in Germania, che troppi giovani restano intrappolati negli impieghi da 450 euro, che le riforme Hartz restano impopolari e gli imprenditori laggiù sono diversi dai nostri. Fatto il santo, vedere il miracolo. È la politica, bellezza.
Draghi è andato da Hollande. I mercati credono che la BCE farà la sua parte, l’euro perde terreno sul dollaro, paghiamo meno caro il nostro debito. Repubblica: Il piano di Draghi per l’euro debole”. Corriere: “il debito costa meno, migliorano i conti”. Ma tutto ciò succede nel contesto di una “Nuova frenata europa”, avverte il Sole. “L’attivismo di Renzi copre un’economia tuttora in affanno”, scrive Paolo Franco. E sul Corriere Rizzo avverte che il sito web sui 1000 giorni può essere “un’arma a doppio taglio”, se la trasparenza cederà il posto alla propaganda. Mentre Stella pungola il premier, sempre “affaccendato tra Facebook e Twitter, WhatsApp ed Instagram” per “quei sorpassi subiti in rete” dall’Italia che è sprofondata all’ottantaquattresimo posto per la velocità della rete, mentre “sblocca Italia limita gli aiuti per l’estensione della banda larga”. Repubblica nota inoltre che il governo Renzi “si muove nella media dei governi Monti e Letta”, quanto a non attuazione delle riforme annunciate. Così il Fatto, che è giornale di opposizione, disegna un #renzilettizzato e osserva: “Più che Renzi sembra Letta”.
Il Giornale mette insieme Marò e Ucraina. “A Vent’anni sveglia l’Italia”, a proposito della figlia di Latorre (colpito in India da Ischemia, auguri!) che se l’è presa con governi e migranti. Più in basso “Dieci Motivi per cui Putin ha ragione e l’Europa sta sbagliando”. A me pare che i migranti non c’entrino: sono poveri diavoli come quei pescatori indiani che Girone e Latorre non avranno ammazzato ma che pure sono morti. E non direi che Putin ha ragione, specie se vuole usare gli Ucraini di lingua russa per fare di Kiev un suo protettorato. Più che Danzica, 1939 – un ministro ucraino ha invocato “una grande guerra con decine di migliaia di morti”- mi viene in mente Monaco, 1938, e la decisione sui Sudeti che consegnò Praga ai nazisti. Però è vero che l’Europa ha sbagliato in modo gravissimo. Non avrebbe dovuto promettere ai ribelli (contro un presidente eletto) di Maidan a Kiev, che li avrebbe accolti nel suo seno, e meno che meno avrebbe dovuto offrire loro l’ombrello Nato. Almeno fino a quando non avessero risolto, con reciproca soddisfazione, il contenzioso con le popolazioni russe di Crimea e dell’Est.
Ora dovremmo correre ai ripari. Provare a convincere il governo di Kiev che deve offrire ai ribelli filo russi la convivenza in una repubblica federale e bilingue. Trasformare i paesi al confine tra Europa e Russia in luoghi di incontro fra due mondi e di libero commercio. Offrire a Putin una partnership in Medio Oriente, come si sta finalmente facendo con l’Iran, grazie al cui aiuto è stata liberata dall’assedio del Califfato la città irachena di Amerli.