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Salerno, San Matteo e la disinformazione

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“Questa volta è accaduto a Salerno”, così viene calata la mannaia del TG5 sui fatti accaduti durante la processione svoltasi per i festeggiamenti del Santo Matteo, Patrono  della città di Salerno e della Guardia di Finanza. Prima di analizzare quanto riferito dal TG nazionale è meglio provare a fare ordine tra i fatti. L’Arcivescovo di Salerno, Monsignor Luigi Moretti, rispettando le direttive dalla Comunità Episcopale durante le fasi di preparazione della tradizionale processione, che vede sfilare ogni 21 settembre nelle strade centrali della città di Salerno la statua di San Matteo, di tre Santi Martiri, San Giuseppe e di Gregorio VII, Papa sepolto lontano dal Vaticano, volendo renderla più sobria ha nello specifico indicato di ridurre il percorso della stessa,  di non consentire l’ingresso della statua di San Matteo all’interno del Comune, istituzione che nel proprio simbolo riporta l’effige del Santo, e addirittura anche nella caserma della Guardia di Finanza di cui, però, San Matteo è altrettanto Patrono.

Ad aggiungersi a tutto questo, bisogna sottolinearlo con precisione, si è aggiunta anche la diatriba, in stile Peppone e don Camillo, che da alcuni anni tiene banco e che vede protagonisti il sindaco salernitano Vincenzo De Luca e proprio il Monsignor Moretti. Divergenze “politiche” che non hanno mai trovato un percorso di convergenza così come, però, dovrebbe essere quando ci troviamo dinanzi a discorsi che riguardano il Divino. Si è giunti, dunque, ad una festa che unisce il sacro e profano senza il giusto colloquio, perché poi diventa difficile spiegare cosa può rappresentare per i salernitani il ferreo legame con il proprio Santo. Ribadisco a gran voce, nulla  a che vedere con atteggiamenti che hanno reso famose altre processioni in altri luoghi d’Italia, ma non perché a Salerno manchino i rappresentanti delle associazioni criminali e non perché a Salerno la camorra non esiste, ma, semplicemente, strano a dirlo, perché la criminalità non riesce e non è riuscita, così come per altre realtà, a controllare  questi riti per ottenere consensi.

Le parole migliori le ho ascoltate dal prof. Paolo Apolito, professore di antropologia culturale all’Università di Roma 3 che, ai microfoni della tv locale Telecolore, ha ribadito come in questa vicenda hanno perso tutti, la chiesa che da millenni ha voluto diffondere il suo potere utilizzando certi riti, e che adesso pian piano prova ad eliminare, e anche i portatori delle paranze che hanno messo le statue in terra durante il cammino. Alla gente bisogna parlare, solo il dialogo potrà portare ad una unità di intenti e non provare ad imporre regole pre confezione in aule così lontane dalle strade, dalla gente. Ma le giravolte e le soste, quelle che in questa processione si sono sempre fatte, senza omaggiare nessun personaggio chiacchierato, quelle no, non centrano con atteggiamenti o consensi di stampo camorristico ai quali il TG 5 ha fatto riferimento omettendo, purtroppo, di fare corretta informazione.


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