La Rai ha bisogno di una cura riformatrice che parta da un nuovo modello di governance e dalla reale liberazione dell’influenza e del controllo dei governi e della politica. Il Sindacato dei giornalisti tutto ritiene che l’immobilismo non faccia bene, ma anche che ancor meno faccia bene la politica dei colpi di mano per cambiare qualcosa e poi non cambiare nulla, che pare stia prendendo piede nell’azienda. Una riforma del servizio pubblico, per essere vera, efficace ed utile per i cittadini e per tutto il Paese deve essere fatta entro un disegno chiaro, verificato con la società e le rappresentanze socialie culturali, e con le forze aziendali, con una visione strategica. La Giunta della Fnsi, che si è occupata del tema nella sua ultima riunione, è impegnata con l’Usigrai a richiamare tutti i poteri interessati a non attuare la politica dei colpi di mano qua e là e rivolge un appello all’azienda perché voglia evitare di far degenerare le relazioni sindacali.
È il tempo di avviare davvero processi di riforma profonda che mettano al centro la missione, il lavoro e la capacità del servizio pubblico di essere tale al centro e in periferia. Il Sindacato dei giornalisti chiede chiarezza anche all’attuale gruppo dirigente della Rai, il cui mandato volge al termine, perché le sue azioni siano orientate ad un quadro reale di innovazione che guardi al cuore dell’azienda e non alimenti, neanche lontanamente, il dubbio che si possano intanto fare cose che abbiano una relazione con gli assetti interni. Il pluralismo editoriale è irrinunciabile. La presenza dell’occupazione giornalistica non è un peso, né un elemento di squilibrio in raffronto a tutti gli altri servizi pubblici europei (soprattutto BBC e Germania), che hanno un superiore numero di dipendenti. Semmai si tratta di metter mano ad una riorganizzazione che dia un senso alla presenza dei giornalisti su tutti i sistemi di informazione proposti dall’offerta del servizio pubblico: dalletestate alle reti, alla presenza nel territorio, condizione centrale del servizio pubblico e per la vita democratica, la convivenza e la legalità nel Paese. Senza una Rai diffusa, efficiente, riorganizzata nel territorio non c’è servizio pubblico e rischiano di non esserci, in alcune aree del Paese, presidi di informazione libera che sono veri e propri presidi di legalità. Si riqualifichi ciò che non va, ma la si smetta di fare caricature su inefficienze funzionali che l’azienda ha creato, non i giornalisti né i lavoratori.
La Fnsi sollecita perciò un confronto a 360 gradi, concreto, senza tabù e senza indirizzi o minacce di tagli a prescindere. Lo faccia l’azienda, se ne ha il fiato, l’autorità e la certezza di poterlo fare. Lo faccia il Governo e il Parlamento per la parte che loro compete, ponendo mano ad una riforma della governance che la liberi dal controllo e dall’invadenza impropria dei poteri della politica e di quelli che si nascondono in vecchie e nuove forme di conflitti di interesse. Ciò è anzi preliminare a qualsiasi intervento se si vuole davvero mettere mano ad un processo riformatore. È ineludibile unadiscussione profonda sul cambiamento della Rai, superando la moda di parlarne continuamente fuori dai luoghi deputati. Interviste e dichiarazioni del direttore generale, dichiarazioni di indirizzo delle istanze politiche hanno sin qui un solo merito, quello della certificazione che la Rai non può restare immobile e che non è immutabile. Ma l’innovazione ed il cambiamento – secondo la Giunta della Fnsi in piena solidarietà con l’Usigrai –, che non governa l’azienda ma tutela lavoratori con una costante attenzione ai destinatari del loro lavoro: i cittadini – si devono fare nella chiarezza e nell’impegno palpabile per gli interessi esclusivi del servizio pubblico. Se ci sono carte vere suscettibili di un confronto sul quale realizzare riforme concrete, le si mettano sul tavolo e nello stesso tempo il Governo dica se conferma o meno l’obiettivo di anticipare, in coerenza con un reale disegno riformatore, il rinnovo della concessione di servizio pubblico.
La Fnsi è pronta a riavviare, comunque, con l’Usigrai, se non si uscirà dalle secche e dalle piccole operazioni trasformistiche che si vanno tentando aziendalmente, un confronto pubblico ad ampio spettro, perché non si assista a dannosi processi di adeguamento o di destrutturazione. La riforma della Rai ha una valenza generale che va ben oltre i piccoli e grandi particolari di cui ci danno conto le cronache delle politiche di cabotaggio che si rinnovano.