Colleghe e colleghi, grazie di essere venuti a questo appuntamento. Un appuntamento aperto al confronto con tutti. Penso che in pochi minuti si possano dire molte cose, a costo di essere schematica per non portare via troppo tempo al dibattito, senza pretendere di sciogliere tutti i nodi. Premetto che parlando di futuro del Sindacato, per forza di cose si deve criticare il presente, ma voglio dire con chiarezza che il nostro vuole essere un intervento costruttivo: quindi nessun processo al gruppo dirigente uscente ma, questo sì, dobbiamo andare oltre gli attuali assetti perché lo richiede la gravità della situazione. E lo faremo con chi condivide la necessità di cambiare in profondità.
La crisi del nostro settore ha reso evidente il rischio concreto che il sistema non riesca a reggerne l’urto nel medio periodo. Meglio di noi dirà di questo il Presidente dell’Inpgi, Andrea Camporese, ma comunque appare chiaro anche ai non addetti ai lavori che un rapporto di 100/121 tra entrate per contributi e uscite per prestazioni non è sostenibile nel lungo periodo, in assenza di un’inversione di tendenza del ciclo negativo che investe il settore da anni. Riassumendo con un titolo diciamo che non c’è welfare senza lavoro. Analogo ragionamento vale per la Casagit e per il Fondo complementare, che risentono della caduta tendenziale dei redditi da lavoro del settore giornalistico.
E’ proprio questo il punto, soprattutto ora che tutte le aziende editoriali pensano esclusivamente, o quasi, a riorganizzazioni tese al taglio degli organici e dei costi in generale. Anche da un solo esame superficiale dei documenti a supporto delle richieste di Stato di crisi ex 416, appare evidente l’ assenza di un progetto di sviluppo del settore. La Fieg, che fino a prova contraria è la nostra controparte, anche se in piena crisi di rappresentanza, ha tirato i remi in barca abbracciando la più becera politica dei tagli fine a se stessi. La sua si potrebbe definire una “non politica di sviluppo”, foriera dei peggiori presagi sul futuro del settore.
E proprio sul fonte della progettualità il vertice della Fnsi non è stato capace di uscire dalla mera gestione delle crisi aziendali, attestandosi sulla contrattazione colpo su colpo sul numero degli esuberi, riducendo di volta in volta il danno. Corretto atteggiamento sindacale, le colleghe e i colleghi che si sono spesi in questa estenuante attività vanno ringraziati per il loro prezioso lavoro che andava e va fatto, e preservato, ma ben altro ci si aspettava dal vertice della Fnsi. Siamo ad un punto di non ritorno, o si cambia e si è in grado di affrontare le sfide facendo sistema, restituendo alla Fnsi il ruolo di centralità politica e di progettazione, oppure con il piccolo cabotaggio non si va da nessuna parte. E purtroppo lì siamo ancora. Ma di questo parlerò e parleranno altri quando si affronterà il nodo centrale della riorganizzazione della Fnsi.
I nostri ragionamenti di oggi non possono prescindere dallo scontro in atto sulle tutele contrattuali e l’abolizione dell’articolo 18, vi invito a riflettere cosa potrebbe significare questo nelle redazioni dove la quantità e la qualità del lavoro non sono oggettivamente misurabili, antipatie e simpatie spesso guidano le azioni dei vertici e i direttori restano dei piccoli sovrani. Cosa significherebbe per i nostri giovani, già sottoposti ad una precarietà selvaggia e per i quali ormai la porta d’accesso alla professione è costituita, quando va bene, da anni di contratti a tempo determinato.
Detto ciò, noi ora possiamo discutere e permetterci di parlare di futuro perché quantomeno abbiamo rinnovato il contratto collettivo di lavoro: un problema in meno da affrontare oggi. Lo abbiamo già detto, ma lo ripeto: questo contratto, discutibile da vari punti di vista, comunque porta una boccata di ossigeno al sistema e apre qualche prospettiva all’occupazione nella direzione da noi indicata, purché il sindacato e le sue strutture aziendali, i Cdr, sappiano cogliere le occasioni che si presentano e presenteranno. A questo proposito voglio dire che la nostra posizione rispetto alla conduzione delle trattativa è stata critica e le nostre perplessità sono state manifestate in più occasioni pubblicamente proponendo alternative e un percorso più condiviso. Ma mai abbiamo interferito al punto di indebolire la delegazione trattante e il vertice della Fnsi, impegnato in una trattativa molto complessa e tesa.
Non possiamo quindi condividere le posizioni di chi invece dalle critiche è passato ai fatti, spaccando il fronte sindacale nelle fasi più delicate, e di fatto ponendosi come forza di opposizione. Siamo pronti a discutere di futuro con tutte le forze in campo, ma nella chiarezza delle posizioni, ovviamente tutte legittime
FARE SISTEMA: Al punto in cui siamo, con l’intero settore dell’informazione sotto stress ogni azione che la Federazione, la Casagit, l’Inpgi e Fondo complementare compiono ha effetti sull’intero sistema. Per questo pensiamo che vi debba essere una collaborazione più stretta tra gli enti, quella che per facilità di comprensione potremmo chiamare una “cabina di regia”. Non stiamo parlando di cessione di sovranità nelle decisioni, ma tra i nostri enti non vi debbono essere conflitti, (e invece ci sono stati): quello che si deve costruire è un punto di vista unitario sulle questioni chiave.
Il coordinamento degli enti ha fatto il suo tempo non essendo riuscito a svolgere se non in minima parte l’importante ruolo che gli era stato assegnato. Dal nuovo vertice della Fnsi ci aspettiamo un forte ruolo in questo senso: ottimizzazione delle risorse, eliminazione degli eventuali sprechi, possibili servizi in comune, anche in vista della riorganizzazione del sindacato sul piano dei servizi, della conoscenza (CENTRO STUDI) e della comunicazione.
Il fatto di non aver citato l’Ordine – e badate bene si sta parlando di ordine nazionale, non di ordini regionali con i quali, come dimostrano le presenze qui oggi, i rapporti sono di piena collaborazione – tra gli Enti da coordinare non è un lapsus: il rapporto va reimpostato, sempre che sia possibile con questo vertice. Ma almeno con l’opposizione interna il collegamento deve essere più stretto Non dimentichiamo che le battaglie per la difesa della libertà di stampa, contro i bavagli vanno condotte al livello più ampio e inclusivo possibile.
Anche la questione delle leggi di sistema, delle risorse per l’editoria, della legislazione antitrust, che vanno poste nel dialogo con il governo e i partiti, avranno qualche possibilità di successo se sapremo fare sistema, senza più andare in ordine sparso. E in questo la Fnsi deve aver un ruolo centrale e propulsivo.
INCLUSIONE, QUALE CONTRATTO? Un sindacato che voglia essere inclusivo, portando nel perimetro della contrattazione chi oggi è escluso deve cambiare modello contrattuale, forme di rappresentanza? La nostra risposta è no. Ma allo stesso tempo diciamo che la questione va approfondita in tempi stretti perché tenere insieme i piani alti della categoria, peraltro oggi sotto scacco, con chi lavora nell’emittenza locale, con i nuovi giornalisti del web, con chi opera nei social, con la massa dei colleghi autonomi, è tanto necessario per il futuro della professione, quanto complessa è la declinazione pratica di un’idea forte. In sostanza crediamo che un sindacato come il nostro, federale e a base territoriale, abbia in questa fase, buone possibilità di includere tutto quello che si muove in ambito giornalistico nei territori, proprio a partire dal rafforzamento delle associazioni regionali, con il contributo, con l’ indirizzo politico e di conoscenze del vertice. Dove si è lavorato bene nei rispettivi territori, si è riusciti a rappresentare la tradizione così come il nuovo che avanza. Quindi a nostro giudizio, va respinta ogni idea di separatezza nel modello contrattuale, che deve restare unico contrastando quell’idea di contrattazione di prossimità che scardina il modello stesso. E che già in questi anni, dove è stata applicata, si è dimostrata pericolosissima.
Lo stesso ragionamento vale per i contratti di comparto che vanno respinti, controbilanciando le pulsioni settoriali con gli integrativi di settore, che possono rispondere alle diverse esigenze, e ancora meglio al rapporto tra salario e produttività. Questo è un cantiere aperto su cui ci dobbiamo confrontare
Fare sistema non è un modo di dire, è un modo di essere. E nel sistema deve aver parte la solidarietà. I colleghi che hanno un contratto Aeranti Corallo non possono essere considerati figli di un dio minore. E i colleghi pubblicisti contrattualizzati hanno lo stesso diritto alla salute dei professionisti e devono avere la stessa assistenza dei professionisti. La differenza tra un ente di categoria e un’assicurazione si legge anche così
IL SERVIZIO PUBBLICO – Il servizio pubblico è il termometro dello stato della democrazia di un paese. Parlare di servizio pubblico è parlare di Rai, di fondi per l’editoria, di squilibrio di risorse, di leggi dell’editoria, di antitrust, di conflitti di interesse. Ma non si può eludere il problema dell’invasività dei partiti nella Rai, e i problemi che questo ha provocato nella governance e alla stessa reputazione del Servizio pubblico. La sfida della riforma della Rai va accettata, nel senso di un rafforzamento del Servizio pubblico. Ma la Rai va riformata, non punita. No ad ogni aspetto punitivo verso i giornalisti, no ad un indebolimento strutturale che favorisca le tv private. Si a una governance fuori dall’influenza dei partiti. I tagli devono servire a razionalizzare il lavoro, non a impoverire il capitale umano a vantaggio di chi sta fuori dalla Rai. Nel 2016 scade la convenzione della Rai e stiamo già assistendo, soprattutto sui territori, ad un assalto alla diligenza del servizio pubblico. Vediamo editori locali, che non hanno mai brillato per capacità imprenditoriali e che fanno vivere le loro aziende di provvidenze pubbliche e ammortizzatori sociali, già pronti a banchettare. Questo la Fnsi non può permetterlo. Non si può permettere che la più grande azienda editoriale italiana venga smembrata.
QUALITA’ DELL’INFORMAZIONE: In pochi anni è davvero cambiato il mondo. Ci stiamo accorgendo che per le nuove prospettive occupazionali che via via si presentano, anche al di fuori del perimetro dell’informazione tradizionale – e per tradizionale ormai si pensa anche a quella on line – c’è bisogno di una preparazione di altissimo livello. La richiesta di informazione è alta, mai siamo stati a questo livello. Ma gli editori non hanno ancora trovato un modello di business on line che renda. Noi pensiamo che la qualità sia l’unica possibile differenza, il valore aggiunto che rende insostituibile un giornalista vero.
LAVORO AUTONOMO: E’ la nostra grande scommessa sul futuro: collaboratori coordinati e piccole partite Iva (economicamente dipendenti) sempre più integrati nel sistema contrattuale e previdenziale, come è stato fatto nel rinnovo contrattuale; freelance, quindi partite iva di una certa consistenza da inquadrare nel mondo del professionismo. Questo mondo in crescita qualitativa e quantitativa si avvicinerà al sindacato se avrà in cambio servizi e consulenze di alto livello. A questo proposito guardiamo alle esperienze estere, in particolare nel Regno unito e negli Usa dove gli autonomi si sono organizzati indipendentemente come associazioni professionali. Noi, invece, pensiamo sia possibile una “via” italiana che tenga assieme il parasubordinato e l’autonomo tout court.
Sarà un’ impresa difficile e costosa ma nel futuro della professione e del Paese, il lavoro autonomo c’è e tutti dovranno farci i conti.
Sono conti che deve fare anche il sindacato. Il sindacato assomiglia a chi lo fa, ai lavoratori che rappresenta. Dunque se il 60% dei giornalisti è lavoratore autonomo, nelle associazioni regionali di stampa ed anche nella Fnsi devono avere essere una presenza importante. E questa può essere raggiunta solo attraverso il nostro impegno, comune e condiviso, a inserire nelle liste nazionali e in quelle regionali (dove si va o si andrà al rinnovo) una congrua rappresentanza di giornalisti autonomi. A loro vanno aperti giunte e direttivi, ai free-lance vanno date responsabilità di gestione a cominciare dalla loro presenza nella prossima giunta della Fnsi. Guardate: questa per noi è una condizione fondamentale. Per noi e per tutte le forze che decideranno di percorrere la strada insieme a noi.
In alcune regioni questo passaggio politico ha portato molti benefici al lavoro sindacale guidando i gruppi dirigenti progressivamente ad una visione molto più ampia rispetto al passato e ai problemi della categoria. Questa apertura ha dato nuovo slancio anche alla ricerca della qualità nella professione, a nuovi sbocchi dell’informazione, che vadano oltre il lavoro nei giornali, cartacei o on line che siano. Sono nuove frontiere che si riescono a traguardare proprio per il lavoro che si sta facendo per e insieme ai free-lance.
Forse va rivisto lo strumento della Commissione Nazionale lavoro autonomo. Attendiamo proposte dai diretti interessati, ma da parte nostra possiamo dire, sulla base della nostra esperienza che il Congresso può decidere di modificare lo statuto per cambiare uno strumento e renderlo più efficace..
Alla crescita dei lavoratori autonomi dobbiamo dare una giusta rappresentanza contrattuale. Anche se una cittadinanza piena si avrà solo con la modifica dell’articolo 1 del contratto Fnsi-Fieg, che oggi disciplina esclusivamente i rapporti di lavoro tra le aziende e i giornalisti dipendenti, mentre gli autonomi sono fuori, tra gli allegati
LA RIORGANIZZAZIONE DELLA FNSI: Su questo punto qualcosa abbiamo anticipato parlando di integrazione tra gli enti. In sostanza da sola la Fnsi, con le risorse disponibili può fare un tratto di percorso ma non tutto. Altre risorse sarebbero necessarie. La risposta potrebbe venire dagli enti della Categoria. Per affrontare il problema bisognerebbe prima di tutto stabilire gli obiettivi di un sindacato politico e di servizio. Premettendo che qui si prescinde dal lavoro prezioso che l’intera struttura della Fnsi fa quotidianamente. Quindi nulla da eccepire sulle persone e tantomeno sulle capacità indiscutibili del nostro direttore generale Giancarlo Tartaglia, che noi tutti stimiamo. Ma e’ fuori discussione, e su questo siamo confortati da un parere quasi unanime che vi è un deficit di conoscenze (UFFICIO STUDI E SERVIZI) a supporto dell’attività del sindacato, anche termini di pareri e consulenze puntuali e tempestive.
In secondo luogo avvertiamo una scarsa e datata capacità di comunicare sia verso l’esterno, sia verso l’interno: insomma siamo il sindacato dei giornalisti, molti di noi lavorano in redazioni multimediali, ma la nostra comunicazione è lenta, poco moderna, ancorata ad un tipo di giornalismo che non esiste più.
Ma ben altri problemi dovranno essere affrontati da chi verrà a partire dall’efficienza della Giunta esecutiva, e del Dipartimento Sindacale fino al ruolo dei consiglieri nazionali. Ma di questo è un altro dei temi. Vi ho detto tutto. E ho riservato all’ultimo la nostra proposta più operativa, quella più importante, perché oltre le idee servono anche le persone. Raffaele Lorusso sarà il nostro candidato alla segreteria generale. Raffaele è prima di tutto un segretario regionale, abituato a misurarsi in prima persona con i problemi della categoria sul territorio, a parlare con i lavoratori, con i colleghi dipendenti e autonomi. Capacita’ organizzative collaudate, lunga esperienza nella conduzione delle vertenze, forte volonta’ di cambiamento ma senza fughe in avanti. Così lo conosciamo, ma sara’ lui a dirci come vede il futuro della categoria.
Al coordinamento, infine, non sfugge la questione di genere. La riteniamo fondamentale: le donne devono essere presenti ed impegnate in ogni organismo. Ma personalmente non riesco a pensare al ruolo di noi donne come ad una mera percentuale. Ci deve essere qualcosa di più prima di tutto competenze, siano esse declinate al maschile o al femminile. E sono queste competenze, alte e strutturate, che vorrei vedere rappresentate nel nuovo gruppo dirigente. Abbiamo l’occasione di esserci alla grande, senza lasciarci fuorviare da un riduttivo “questo a me, questo a te”. Non sprechiamo le occasioni. Così come non bisogna sprecare l’occasione del rinnovamento. Cambiare la federazione, significa farlo anche con persone nuove. Ma la novità e l’anagrafe, anche in questo caso, non possono essere né l’unico metro, né un metro sufficiente. A guidarci dovranno essere determinazione e preparazione perché le responsabilità che abbiamo davanti sono enormi.
* Coordinamento delle Associazioni per un sindacato di servizio