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Immediato o meditato? Caffè del 3 settembre

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“Non l’hanno ascoltata, l’Isis decapita il figlio”, la Stampa pubblica la foto della madre, Shirley Sotloff. Repubblica mostra invece quel mancino incappucciato con il coltello: “Il boia della Jihad. Siamo tornati”. “Sfida a Obama”, nota il Corriere, mentre Zucconi sottolinea quel “tu” con cui l’incappucciato si rivolge al presidente degli Stati Uniti. È vero: Twitter, Facebook, You tube annullano le distanze, tutti si sentono alla portata di tutto. Il terrorista braccato nel deserto della Siria o dell’Iraq si rivolge a Obama. Ognuno si costruisce il suo racconto e lo mette in rete, a disposizione di tutti, alla portata del nemico che s’è scelto. Ecco che il mediatore diventa (prima) inutile (poi) il nemico. Steven Sotlof come James Foley sono stati sgozzati perché pretendevano di raccontare in modo indipendente la tragedia dei campi di battaglia, e così facendo cercavano di togliere ai belligeranti l’esclusiva di quella narrazione.

Il Giornale ha le idee chiare. “L’Islam taglia un’altra testa ma noi facciamo guerra a Putin”. Noi saremmo i buoni, nessuna responsabilità nelle guerre (semmai cercammo, con Bush, di esportare la nostra bella democrazia), nessun rapporto tra interesse per il petrolio e il diffondersi di ideologie che hanno alimentato lo Jihad. No, i nemici sono quei barbari che pregano alzando il culo al cielo (Fallaci?), sono gli immigrati che – dice Grillo – già ci portano il batterio della tubercolosi, domani forse il virus di Ebola. Putin somiglia più a noi che a loro. Vende gas e compra prodotti di lusso, invita gli ospiti nella dacia, presenta loro belle ragazze sempre gentili con i potenti, regala grandi letti, non ama i giornalisti (Politkovskaya) né gli omosessuali. Fargli guerra?

“Truppe di terra, aerei e navi. Così la Nato sfida Putin, ma un rapporto segreto spaventa l’Europa”. Il rapporto dice che Kiev ha già perso la guerra sul piano militare. Sul piano politico l’ha stupidamente persa l’Europa, quando, dopo l’annessione della Crimea, invece di mettere subito sul tavolo la creazione di un’Ucraina federale e neutrale, ponte e non frontiera tra Russia ed Europa, si è voluta illudere che le sanzioni avrebbero piegato Putin, invece di far male alla Merkel, e che l’armata ucraina (bombardando pure i civili) avrebbero regolato le “milizie” ribelli. “Mogherini: ci sarà una risposta dura”, titola la Stampa. Giusto, quale?

E Renzi? Non temete, lotta insieme a noi. “Il piano precari: assunti ma senza scatti”, la Stampa. “Assunzioni e aumenti legati al merito”, Corriere. Vedremo. Cercheremo di capire cosa significhi “merito” e chi lo debba misurare. Così è solo “un annuncio”, come quelli che lo stesso Premier dice voler evitare. Ma Politto gli fa le bucce e, sul Corriere, scrive “ieri non risultava ancora pervenuto al Quirinale il testo sulla giustizia civile”. Il rischio è che, con il passaggio dai 100 ai 1000 giorni, provvedimenti necessari, come spending review e jobs act, finiscano insabbiati. Riccardo Puglisi, sempre Corriere, nota come nel sito del governo non siano stati inseriti i dati della disoccupazione che da marzo ad agosto (governo Renzi) è cresciuta dello 0,15%. E consiglia di pubblicare il piano di tagli (accantonato?) di Cottarelli.

Su Repubblica, Nadia Urbinati scrive una cosa verissima: “Il rischio è che il leader non riesca a stare al passo delle sue stesse parole, costretto a riconoscere che il principio di realtà non si rottama, pone dei veti non raggirabili, ha una complessità che resiste alle semplificazioni. Insomma, il rischio è che sia proprio la simbiosi di leader e audience a logorare il leader”. Tanto più che il Pd sembra già rottamato. Una prova? Anzi tre. 1) D’Alema ha definito “insoddisfacenti” i risultati del governo e ha osservato che il Pd non ha un vertice, “solo fiduciari del Premier”. La risposta? Affidata al fidato e fedele Marcucci: “D’Alema ha ancora la testa alle recenti nomine in #Europa”. Taccia, il rosicone. 2) La festa di Bologna può solo godersi Maria Elena Boschi. Cuperlo dimenticato, Civati “invitato il giorno prima, con un sms e per una data nella quale non poteva”. Prosit. 3) Stefano Fassina chiede di togliere l’obbligo del pareggio di bilancio dalla Costituzione. Bobogiac: “dov’eri tu quando fu votato?” “Non ero deputato e comunque mi opposi” risponde Fassina! Tonini replica: “Ma (tuo padre) Bersani, l’ha votato”.

“Sei mesi fa non ero ancora nato”, disse l’agnello ma il lupo rispose: “allora fu certamente tuo padre a rivolgermi quelle villanie”, e se lo mangiò. “ Questo racconto è rivolto a coloro che opprimono sotto falsi pretesti”, scriveva un certo Fedro!

Da corradinomineo.it


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