Il numero dei cadaveri nel mediterraneo è sempre più alto. Duemila, duemilacinquecento. Le barche affondano ormai con una frequenza impressionante. La strage si consuma di fronte al mondo che non vuole fare nulla. Adal guarda in tv le immagini degli ultimi naufragi e si chiede quando finirà. Lui è arrivato su una di quelle barche 9 anni fa. Adal ha 36 anni. Ha votato per la prima volta in vita sua pochi giorni fa, in Svezia. Ma prima di votare, ha ricordato al paese dove vive che nel mediterraneo, da quando la campagna elettorale è iniziata, sono morte 800 persone. L’ha fatto con 800 candele su un prato assieme ad altri come lui, rifugiati politici. Adal è cittadino svedese da 5 anni. Ha votato per quella sinistra che ha vinto senza trionfare, mentre la destra razzista raddoppia e arriva al 13 per cento.
Le immagini dei corpi mossi dalle onde si ripetono e si mescolano alla normalità che entra nelle case dalla tv. Succede così spesso che il rischio è che ci si abitui. L’Alto commissariato Onu per i rifugiati parla di crisi umanitaria senza precedenti. L’Organizzazione internazionale per le migrazioni parla di omicidi di massa, perpetrati da criminali senza scrupoli e nessun rispetto per la vita umana. Si rivolge agli scafisti, ma potrebbe essere la giusta definizione anche per l’Europa che non agisce. Oltre duemilacinquecento morti dall’inizio dell’anno. Duemiladuecento da giugno, in quattro mesi. Omicidio di massa
Adal è arrivato su un barcone e ha iniziato ad occuparsi dei suoi fratelli, a guadagnare soldi per farli scappare dalla prigione Eritrea, dove dai 16 ai 50 anni vieni arruolato a forza e sei costretto a servire il dittatore, e i disertori vengono torturati ed uccisi e le prigioni sono segrete e piene di dissidenti. Il dittatore Isaias Afewerki è al potere da 19 anni. In Svezia è sotto accusa per crimini contro l’umanità, ma nonostante questo per arrivare in Svezia gli eritrei devono rischiare la vita nel Mediterraneo. Adal ha fatto partire sua sorella, poi il fratello minore. Ha investito tutto quello che guadagnava per farli scappare. Ha aiutato anche Abraham, il più piccolo, che la notte tra il 2 ed il 3 ottobre è arrivato di fronte Lampedusa senza riuscire a raggiungerla.
500 dispersi. Il naufragio più grave di questo fine settimana è stato provocato intenzionalmente. Raccontano due superstiti palestinesi all’Oim che durante un trasbordo pericoloso tra una barca e l’altra le proteste dei migranti hanno fatto arrabbiare gli scafisti. Hanno speronato il barcone che è affondato rapidamente. Uno dei due testimoni si è aggrappato ad un salvagente assieme ad una decina di persone. Dopo un giorno e mezzo era rimasto da solo.
Di come sia morto suo fratello Abraham Adal sa quello che hanno raccontato i sopravvissuti. La morte l’ha guardata in faccia 368 volte, sfogliando le foto dei cadaveri in cerca del fratello. Non l’ha riconosciuto e aspetta ancora che si possa fare il test del Dna. Il 3 ottobre andrà a Lampedusa per celebrare quel naufragio e tutti gli altri che sono seguiti. Si porta dietro una domanda che si ripete da un anno: “perché mio fratello è stato costretto a venire in Europa su un barcone se io sono cittadino Svedese, cittadino Europeo?”
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