Da molte parti, anche dall’opposizione interna al Pd, anche da molti critici del governo si dice che “a Renzi purtroppo non c’è alternativa, se anche dovesse cadere, si va al voto”. Può darsi che sia una argomentazione valida. Certo inedita. L’Italia ha attraversato crisi gravissime, drammatiche e però non si è mai giunti a pensare che la politica “finiva” col governo e col leader in carica.
Ma volevo sottolineare due o tre punti. Intanto non c’è mai stato forse un momento nel quale chi da dentro o da fuori del partito di maggioranza relativa osava avanzare critiche venisse tacitato come “gufo”, “professore da Prima Repubblica”, e via etichettando. Qualcosa di simile ci fu con Craxi quando le direzioni erano ormai unanimi e se qualcuno arrischiava dubbi, veniva guardato (successe a Paolo Vittorelli, nobile figura, reso perplesso da certi articoli del nuovo Concordato) come se si dovesse chiamare il 113. Ora però è diventato un sistema di “democrazia interna vigilata”, o elargita. Quel clima che ricordavo non giovò per nulla allo stesso Craxi il quale pure era più decisionista e anche meno ripetitivo nelle battute. Chi non ricorda “le vecchie volpi finiscono in pellicceria” dedicata ad Andreotti? Mi pare che quel rapido rarefarsi della democrazia interna concorse poi, potentemente, al non meno veloce sfarinamento del Psi.
Un secondo aspetto è la comunicazione al Paese. Prima Renzi assicura che su questo e su quello “non si tratta”, “si avanti comunque”, ecc. e poi le trattative ci sono, le mediazioni anche, su proposte e su nomi. In modo ovviamente più opaco. Addirittura ci si apprestava, pare, a difendere un candidato alle primarie regionali in Emilia-Romagna oggetto di allarmanti indagini giudiziarie (non di avvisi di garanzia). Chi ci mette la faccia?
Permettete infine ad un vecchio socialista di ricordare che al posto tenuto da Marianna Madia sedeva un certo Gino Giugni (orrore, un professore!). Ed è un terzo aspetto sul quale concludo: la squadra di governo. Forse non ce n’è mai stata una più debole di questa. Lestissima tuttavia a trincerarsi dietro “riforme epocali – Serracchiani dixit – come quella del Senato” (che in realtà fa acqua da tutte le parti) e a schierarsi, a plotoni affiancati, dietro il premier-segretario. Mi pare che questa non sia proprio una novità nella nostra storia. Stavolta magari avviene più ordinatamente: a capo dell’ufficio legale di Palazzo Chigi Renzi ha voluto l’ex capo dei vigili urbani di Firenze.