Che cosa difendere dell’Occidente

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“L’Occidente da difendere” è il titolo dell’ editoriale di Ezio Mauro, direttore de “La Repubblica”, apparso ieri mattina su quel giornale. Vagamente retorico, pare voler sottolineare la drammaticità dell’attuale momento storico-politico nel giorno in cui la NATO viene convocata per prendere decisioni sulla risposta da dare alle minacce aggressive della Russia in Europa e dello Stato Islamico in Medio Oriente. Occorre leggerlo tutto, quel lunghissimo editoriale, perché la prima parte può dare effettivamente l’impressione di essere puramente ideologica ma è compensata, nella seconda,  da un onesto  confronto tra realtà e mito dell’Occidente medesimo e dell’Europa in particolare. Compensata e in parte, secondo me, contraddetta, anche se Mauro non parla mai di mito, ma del “concetto di Occidente”.

L’ apertura richiama per solennità le quattro note della Quinta di Beethoven. “La guerra di Crimea riporta nel cuore d’Europa, dove sono nate le due guerre mondiali, truppe, missili, carri armati, morti, feriti, aerei abbattuti. Ritorniamo a guardare i nostri cieli e le nostre mappe con quella stessa inquietudine per il futuro dei nostri figli che i nostri padri avevano ben conosciuto”.  E il seguito non è da meno: “Scopriamo quel che dovevamo sapere, e cioè che l’anima imperiale e imperialista della Russia è eterna e insopprimibile, dunque non è una creatura ideologica del sovietismo ma lo precede, lo accompagna e gli sopravvive”.

Invece lo sapevamo, così come il dato storico elementare che l’imperialismo, attraverso i secoli, è stato praticato a turno da tutte o quasi le grandi potenze, da Ciro il grande ad Alessandro Magno, dalla Roma dei Cesari al Sacro Romano Impero, da Carlo Quinto a Elisabetta d’Inghilterra, da Napoleone a Hitler, dall’Impero cinese a quello giapponese e così via. Perfino per la Chiesa un famoso intellettuale cattolico del secolo scorso,  Emmanuel Mounier, fondatore della rivista “Esprit” ,parlava di  imperialismo “in spiritualibus”. E proprio per non escludere nessuno, ci sarà un motivo se da decenni gli Stati Uniti sono considerati in più della metà del pianeta una grande potenza imperialista.

Non secondo Mauro, evidentemente, perché a fare la differenza sarebbero “la democrazia delle istituzioni e la democrazia dei diritti”, pur con tutte le “nostre inadeguatezze, miserie, errori, abusi e violenze, perché siamo umani e perché la tentazione del potere è l’abuso della forza”.Ben detto. Fra le nostre miserie ne aggiungerei una particolarmente grave, l’ipocrisia. Cito, in proposito,un pensiero di Ernesto Balducci, scrittore e filosofo di cui Ezio Mauro avrà certamente sentito parlare. “Chi ha la coscienza acuta non riesce più a tollerare un mondo dove i valori sono diventati crisalidi verbali a cui niente corrisponde. Si dice pace e si fa guerra; si dice giustizia e si fa ingiustizia; si dice libertà e si tessono le reti di nuova schiavitù; si esaltano i valori della cultura, del pensiero, della libertà, del confronto e i mezzi di comunicazione scendono a un mercimonio volgare dove si comprano e si vendono gli uomini e le donne per pura ragione di mercato”.

Ecco, a me basterebbe che, pur difendendo e invocando i nostri principi, rinunciassimo però alla pretesa di imporre ad altri, con le buone o con le cattive, la loro “universalità almeno potenziale”, in nome della quale Ezio Mauro sembra invitarci a combattere. E che mentre per i crimini di guerra dell’ Isis giustamente condanniamo la “sproporzione assoluta tra l’inermità innocente del prigioniero e la potestà totale del suo assassino”, tenessimo un po’ più conto della sproporzione tra la potenza economica e militare di Israele e quella della Palestina occupata dal ’67 contro le deliberazioni dell’ONU. Questo tanto per fare un esempio.

Insomma vorrei che contro il fanatismo religioso, nazionalista e ideologico presente purtroppo in tutti i punti cardinali, l’Occidente tenesse a mente il famoso saggio sui “cannibali”, scritto da Montaigne nel secolo in cui attorno al suo castello infuriavano guerre di religione assai più sanguinose, ad evitare le quali il più grande filosofo della modernità  contrappone il relativismo delle fedi e degli ideali. “Ora mi sembra, per tornare al mio discorso, che in quel popolo non vi sia nulla di barbaro e di selvaggio, a quanto me ne hanno riferito, se non che ognuno chiama barbarie quello che non è nei suoi usi; sembra infatti che noi non abbiamo altro punto di riferimento per la verità e la ragione che l’esempio e l’idea delle opinioni e degli usi del paese in cui siamo. Ivi è sempre la perfetta religione, il perfetto governo, l’uso perfetto e compiuto di ogni cosa”. E questa è la lezione che l’Occidente deve difendere. Allora sì la democrazia farebbe davvero la differenza.

Fonte: http://www.nandocan.it/?p=33925


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