All’appello per la “lotta alla mafia al Parlamento Europeo” rivolto dal Centro studi Pio La Torre hanno risposto positivamente sinora la Presidenza della Regione Sicilia, gli europarlamentari del collegio delle isole Caterina Chinnici, Michela Giuffrida, Renato Soru del Pd, Giovanni La Via del Ncd, Salvo Pogliese di Fi. L’iniziativa, elaborata col prezioso contributo di esperti del diritto, mira a mobilitare il movimento antimafia politico, istituzionale e sociale italiano ed europeo anche con una petizione popolare affinché l’Ue, sin dal semestre a guida italiana, inserisca nell’agenda politica europea l’attuazione degli indirizzi deliberati dal Parlamento, dal Consiglio e dalla Commissione nella precedente legislatura contro la criminalità organizzata, il riciclaggio, la corruzione e tutti quei traffici e crimini gravi e di rilevanza transnazionale- dal narcotraffico al terrorismo, dalla tratta umana alla criminalità informatica.
La rilevanza numerica raggiunta in Ue dalla criminalità organizzata (ben 3600 organizzazioni nazionali e transnazionali), la sua incidenza negativa sull’economia (pari al 4% del Pil europeo), i condizionamenti della democrazia e della libertà dei cittadini e del mercato impongono l’emanazione di regolamenti e direttive per la definizione di criminalità organizzata che armonizzino la legislazione penale dei paesi membri e colpiscano i reati sia di partecipazione a un’organizzazione criminale transnazionale che di stampo mafioso. Analoga attenzione deve essere rivolta all’armonizzazione delle norme in materia di riciclaggio, autoriciclaggio, falso in bilancio e corruzione, individuando ed emanando intanto:
– il regolamento per l’istituzione di una Procura Europea Antimafia con uomini e mezzi adeguati e funzioni d’indagine e di azione penale sui crimini particolarmente gravi e di rilevanza transnazionale;
-una nuova direttiva sull’obbligatoria incriminazione dell’autoriciclaggio alla quale gli Stati membri adeguino il proprio sistema penale;
-un nuovo modello europeo di confisca e riuso sociale dei proventi da reato ( compresa la corruzione) confiscati alla criminalità organizzata che contempli il riconoscimento reciproco tra gli stati europei dei provvedimenti di sequestro e confisca anche preventiva e crei uffici centralizzati per garantire il buon fine della destinazione e gestione sociale dei beni confiscati;
-una direttiva sulla protezione dei testimoni di giustizia e delle vittime di mafia con l’istituzione, sul modello italiano, di un Fondo europeo antimafia e antiracket.
Quello che si propone è un lavoro di legislatura che ha bisogno di essere supportato dal movimento antimafia e dalla ricostituzione della Commissione Antimafia europea per monitorare il fenomeno criminale, approfondirne le cause generatrici sociali e politiche, verificare l’efficace delle norme. Il modello che abbiamo presente è quello italiano. Se non fossero state insediate la prima Commissione Parlamentare Antimafia che attraversò ben quattro legislature (dalla terza del 1962 alla sesta conclusasi nel 1976) e tutte le altre (fino a quella dell’attuale sedicesima legislatura), il rapporto tra mafia, politica, affari e corruzione, la mutevole natura organizzativa e finanziaria, anche transnazionale, delle mafie italiane, la loro espansione territoriale, non sarebbero mai venute alla luce.
Eppure dopo tanto lavoro positivo di analisi, di investigazioni e risultati ancora tanti misteri dell’Italia repubblicana, nei quali si intravede anche l’uso del terrorismo mafioso, rimangono tali. Basta riflettere sui processi in corso relativi alle stragi politico mafiose di oltre vent’anni fa e alla cosiddetta trattativa Stato-mafia per avere un’idea della complessità del Potere. L’intreccio tra flusso finanziario criminale e finanza, che s’ intuisce, ma non dimostrato, potrebbe essere tra gli obiettivi da assegnare ad una nuova Commissione Antimafia Europea.