In pochi giorni 25 mila firme! Non pensavamo di riuscire a raccogliere così tante adesioni al nostro appello sul sito di Change.org, e invece tante, tante persone si sono sentite offese dalla frase pronunciata da Paolo Tavecchio sui giocatori extracomunitari e le banane. “Un’uscita infelice” l’ha definita lui. Noi sappiamo che non è così, e sappiamo anche di non poter mai abbassare la guardia contro il razzismo, la xenofobia e l’ignoranza, perché sono un virus pericoloso che può degenerare in violenza e bullismo, un virus capace di attecchire nei campetti da calcio dove si allenano i nostri figli, dove crescono e imparano le regole del calcio i figli di questa italia meticcia e plurale. Quello del razzismo è un virus che va stroncato subito e con forza, perché può radicarsi nelle classi multietniche delle nostre scuole, che invece sono un prezioso laboratorio di convivenza, dove ogni giorno si impara il rispetto e la bellezza delle differenze, anche grazie a insegnanti e mediatori culturali che non ringrazieremo mai abbastanza per il lavoro che svolgono.
L’Italia non può permettersi di tollerare il linguaggio dell’offesa e lo sdoganamento di un clima razzista, e anche i media sono chiamati a prender parte attiva in questa battaglia che ci deve trovare tutti in prima linea. Non è una questione di forma, ma di sostanza, condannare un lessico discriminatorio significa anche condannare con forza una mentalità colonialista purtroppo ancora ben radicata nel calcio italiano e perfettamente espressa nel “mangia-banane” di Tavecchio.
I ragazzi di seconda generazione, questi giovani italiani figli di immigrati, nati altrove ma cresciuti nelle nostre città, ci chiedono una rivoluzione culturale ancor prima che politica e legislativa, una rivoluzione che deve partire da chi questa Italia la racconta ogni giorno, dai giornali e dalla televisione, dai social network e dai rappresentanti delle istituzioni. Questi giovani chiedono che sia motivo di scandalo oggi, nel 2014, sentir parlare di “mangia-banane”, chiedono che la stampa non legittimi la diffusione di un linguaggio razzista, ma anzi ne prenda le distanze. Un’Italia aperta e accogliente, competitiva e vincente si costruisce a partire dalle parole: il gioco è iniziato, ognuno faccia la sua parte!