Meseret non sa dove piangere suo fratello. Yemane ha cercato sua sorella sul libro con le foto dei morti del naufragio e non è riuscita a riconoscerla. Lucia non sa dove sono sepolti sua figlia Helen e i suoi tre nipoti. Dieci mesi dopo il naufragio di Lampedusa che ha fatto 368 morti, la metà delle vittime non ha ancora un nome. E solo oggi, grazie alla attenzione del Commissario Straordinario del Governo per le Persone Scomparse è stata messa a punto una procedura per il riconoscimento di quelle vittime anche attraverso il test del Dna.
Sin dall’inizio di questa tragica storia il Comitato 3 ottobre, si è fatto portavoce dell’esigenza dei familiari di accedere a quel test. Abbiamo chiesto incontri e informazioni fino a pochi giorni fa, quando abbiamo incontrato prima il Dipartimento per le Libertà Civili del Ministero dell’Interno e poi il Commissario Straordinario del Governo per le persone scomparse proprio per rappresentare la richiesta da parte dei familiari di avere delle risposte.
Alla fine la procedura è arrivata ed il Comitato non può che esprimere apprezzamento per l’impegno preso.
Il Commissario per le persone scomparse ha definito la procedura che consentirà ai familiari di riconoscere le salme delle vittime dei naufragi del 3 e dell’11 ottobre scorso a largo di Lampedusa in cui persero la vita complessivamente oltre 500 persone. 387 le salme recuperate in mare. Il Comitato Tre Ottobre aveva in più occasioni evidenziato il calvario dei familiari delle vittime che, in assenza di comunicazioni ufficiali da parte delle autorità italiane, si erano riversati prima su Lampedusa e poi su Agrigento nel tentativo di poter identificare i loro cari e conoscere il luogo di sepoltura.
La procedura prevede la raccolta di materiale documentale ed eventualmente DNA dei familiari per poter effettuare un’identificazione certa, anche attraverso colloqui dettagliati che avverranno a partire dalla prima settimana di settembre. Ci auspichiamo che la procedura possa concludersi nel più breve tempo possibile per permettere alle famiglie colpite da queste tragedie di ricevere una risposta certa e chiediamo che questa procedura venga estesa a tutte le vittime dei naufragi in mare, affinché non esistano più bare senza nome e venga restituito alle vittime il diritto alla dignità e alle famiglie la possibilità
di avere un posto dove pregare e piangere i propri cari.
* Presidente del Comitato 3 ottobre