Sono state 130 le donne uccise in Italia nel 2013 per ragioni legate alla propria identità di genere. E la cosa è avvenuta all’interno delle famiglie sia come mariti o amanti che hanno ucciso la propria moglie o amante o di padri che hanno ucciso le figlie o ancora di figli che hanno ucciso la propria madre. Nel nostro paese, a differenza di quel che accade nei maggiori paesi europei, non esiste un osservatorio nazionale che segue questo aspetto terribile della situazione che riguarda i rapporti tra i due principali sessi che agiscono nella società nazionale.
Eppure nel giugno 2013 è stata firmata a Instambul una convenzione internazionale che stabilisce regole precise a difesa della donna nel rapporto con l’altro sesso e, nell’agosto successivo, è stato emanato un decreto legge specifico contro l’omicidio delle donne che, a quanto pare, nella penisola continua ad essere un delitto frequente in tutto il Paese, per ragioni di gelosia o altri motivi, non meglio specificati. Nell’anno precedente ne sono state uccise 124 e, nel calcolo di quelle uccise in Italia, il calcolo di quelle italiane supera l’ottanta per cento rispetto al totale delle donne uccise nella penisola.
Ad ogni modo, per quanto non sempre né i canali televisivi né gli altri media forniscano i calcoli comparativi che consentono di avere un’idea precisa dell’andamento del fenomeno, possiamo dire che, nel tempo, il delitto non appare affatto in diminuzione perché le difficoltà proprie delle coppie sposate, o semplicemente in regime di convivenza di fatto, non fa che generare più spesso questa specie di reati che conduce all’eliminazione del “soggetto debole”, cioè della donna rispetto al coniuge o all’amante.
C’è da chiedersi perché, ma questo aspetto che pure andrebbe indagato, nonostante che si sia registrato un aumento molto forte degli studi psicanalitici e psichiatrici che dovrebbero indagare adeguatamente sulle turbe e le indagini sul maschio italiano nell’ultimo ventennio, non ha ancora prodotto risultati significativi sulle ragioni che continuano a spingere padri, mariti e amanti del Bel Paese ad usare la violenza nei confronti delle proprie figlie,mogli e amanti piuttosto che cercare altri metodi di confronto meno duri e cruenti nei loro confronti.
La verità è che, osservando la nostra società, percossa da una dura crisi economica ma soprattutto morale e psicologica, si ha più di una volta la sensazione che l’Italia del ventunesimo secolo si trovi in una difficoltà crescente ad affrontare e a cercar di risolvere i problemi che le si presentano davanti. Avrà ragione papa Francesco a paventare il fatto che siamo davanti,senza neppure prenderne atto che siamo davanti a una sorta di terza guerra mondiale da cui non solo è difficile uscire ma nella quale, al contrario, è fatale per molti aspetti affondare sempre di più di fronte a una difficoltà crescente di osservare anche nella vita di ogni giorno non soltanto i principi fondamentali della nostra carta costituzionale ma anche quelli che la religione di Gesù Cristo ha dettato più di duemila anni fa e che sembrano ancora più difficili da osservare e da tenere in vita nel nostro tempo. Se questo è vero,e sembra difficile negarlo, non c’è da stupirsi che ci sia non soltanto un distacco sempre più grande tra la politica e la società ma anche che i rapporti tra la donna e l’’uomo non siano affatto più facili di quanto è avvenuto in passato. Forse è necessario prender atto di tutto questo per non sentirsi completa mente estranei al tempo in cui stiamo vivendo.