Poiché dedichiamo questa pagina al nostro Federico Orlando, maestro di libertà morale e intellettuale, scomparso improvvisamente l’8 agosto, non sarebbe davvero il caso di insozzarla parlando, seppure fuggevolmente, dell’ultima vigliaccata di Beppe Grillo.
E però non si può tacere dinanzi alla vergogna del suo blog dove il nome di Federico, di cui il comico ha certamente saputo la notizia della morte, compare nella black list dei giornalisti additati alla pubblica opinione grillina invitata a “votare” per il giornalista peggiore. Una iniziativa già ributtante, simpatica quanto poteva esserlo l’olio di ricino, si è così ulteriormente striata di una bava schifosa che nessuna eventuale scusa (ma figuriamoci se verrà!) potrebbe cancellare.
Detto questo, noi ci teniamo la lezione di libertà che Orlando ci consegna. Lui ha fatto capire a chi lo ha seguito per mezzo secolo che l’idea liberale non è e non può essere buona per tutti gli usi. Chi affermerebbe di non essere liberale? Eppure in questo paese di chiese contrapposte e curve sud i liberali veri, alla Orlando, non sono molti. Anzi, sono pochi, e semmai il loro limite è stato quello di gloriarsene, di questa solitudine, di questo elitarismo.
L’altro errore è quello di scambiare il liberalismo alla Orlando con il relativismo, quasi fosse una modalità da “volemose bene” e non di lotta politica e culturale. No, l’idea liberale per un uomo come Federico era esattamente l’opposto: una disciplina intellettuale, una militanza politica. Militanza, ma dove? Vittorio Feltri, pasticciando con i fatti, ha scritto che Orlando non fu politicamente coerente perché fece parte di varie organizzazioni. Ha pasticciato anche con la teoria, anche, perché l’idea liberale sposa (appunto, liberamente) quel partito che in quel momento pare incarnarla. Per questo, Federico fu liberale, pattista, ulivista, margheritino, democratico: e fu sempre – va da sé – radicale, giacché in quel partito vedeva l’aggrumarsi e il rinverdirsi del lascito dell’illuminismo, del liberalismo e del meridionalismo italiano.
Già, Federico Orlando fu innanzi tutto un illuminista pieno, materialista e tollerante, progressista e antiautoritario.
Noi dovremo sistematizzare e approfondire il pensiero di questo grande giornalista. Potremo contare sui suoi tanti amici, colleghi e intellettuali di prim’ordine, ci avvarremo dell’aiuto di compagni e amici democratici, liberali e radicali (alcuni erano nella nostra redazione, l’11 agosto per un bel ricordo). Cercheremo insomma di far arrivare la sua lezione ai colleghi più giovani. Fosse anche solo un pochettino, sarebbe moltissimo.