“È come se mi stesse chiamando. …..Solo alcuni di noi sentono?Solo alcuni di noi ascoltano “
Dal film La musica nel cuore di August Rush (2006)
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Le ‘Idi di Agosto’ tornano a riscuotere i loro tributi: prematuramente, come nel caso di Robin Williams (preceduto, di poche settimane, dal nostro mercuriale, schivo, eclettico Giorgio Faletti); a ‘tempo compiuto’, come benignamente è successo a Lauren Bacall e Richard Attenbourogh (dei quali, e per limiti di spazio, scriveremo in altra occasione) Williams,che si defila improvvisamente (aveva appena compiuto 63 anni) ed in modo spiazzante, lancinante, per quell’ autodeterminazione che comporta rispetto e ‘nessun pettegolezzo’ (puntualmente ricambiato dai gossip e tam tam della carnivora Hollywood), è stato -non siano i soli a pensarlo– uno degli attori più turbolenti, generosi, poliedrici della storia del cinema. Un portento multiforme, un flubber capace di mutare la sua voce, il suo volto e il suo corpo per diventare qualcosa che offrisse al pubblico un sorriso in più, una risata ‘che seppelliva in tanti’. Dietro la cui ‘smorfia’ (da clown bipolare, debordante e triste) si celava tanta tristezza, perfezionismo, disadattamento al ‘reale’ (ma non chiamatelo attempato Peter Pan, è un insulto), disattese speranze per una carriera che accusava da troppo tempo battute d’arresto e assilli economici, probabilmente insopportabili per una natura come la sua incline alla prodigalità del ‘darsi’ e dell’aiutare (con ogni mezzo) chi ne aveva bisogno. Resta di fatto che, dopo Chaplin, il cinema di tutti i tempi perde il più bel giocoliere, ‘saltimbanco e pagliaccio’ di una ‘way of life’ che Robin aveva smesso, da tanto tempo, di amare e frequentare
Trasferitosi dalla nativa Chicago a San Francisco all’età di 16 anni, Williams era figlio di una modella e di un impiegato della Ford Motor Company. Dapprima aveva frequentato la Redwood High School in California, successivamente era entrato nel Claremont Men’s College (ottimo giocatore di calcio(, frequentando i corsi di Scienze Politiche, presto abbandonati per seguire i corsi di recitazione al Marin College. Entrando a far parte così nella prestigiosa Julliard School, sotto gli insegnamenti di John Houseman e accanto a colui che diverrà il suo migliore amico, lo sfortunato ed aitante Christopher Reeve.
Alla fine del corso di studi, Robin inizia a lavorare nei night club quale cabarettista, intrattenitore e imitatore – venendo notato da un direttore di casting che vuole assolutamente inserirlo nei contenitori televisivi. Williams esordirà così nel telefilm “Laugh-In” (1977), sarà la spalla di Andy Kayffman e Billy Crystal, scriverà i testi di Richard Pryor, ma sarà presente anche ne “La famiglia Bradford” e soprattutto il fortunato episodio che lo vede debuttare nel ruolo dell’alieno Mork in “Happy Days” . Quella sorta di extraterrestre giocoso, snodato, bislacco piacque così tanto da indurre Joe Gluaberg, Dale McRaven e Garry Marshall a creare per lui la seria “Mork & Mindy” (1978-1982) che gli fecero vincere il primo di tanti Golden Globe
Il talento di Robin viene presto acquisito da notato Hollywood : Robert Altman lo sceglie come protagonista di “Popeye – Braccio di Ferro” (1980), accanto a Shelley Duvall. Formidabile e versatile anche nei ruoli drammatici (per quel suo strano mix di sarcasmo, disperazione, resilienza) interpreta –di seguito- “Il mondo secondo Garp” (1982) di George Roy Hill, “Mosca a New York “(1984) di Paul Mazursky e “Good Morning, Vietnam” (1987) di Barry Levinson, nella performance di un disc jockey esperto in turpiloquio per “sollevare il morale ai soldati morituri” a Saigon. Il ruolo recherà a Williams il suo secondo Golden Globe e una candidatura agli Oscar da attore protagonista
Diretto da Terry Gilliam, ex Monty Python ha una parte di rilievo (il re lunare) in “ Le avventure del Barone di Munchausen” (1988) L’anno suggestivo ‘sbaraglierà’ con “L’attimo fuggente” , nuova occasione per sublimare il ruolo di un insegnante idealista, pragmatico, fedele (indefettibile) alla sua idea di didattica. Dopo “Risvegli” (1990) di Penny Marshall, arriva un altro Golden Globe per lo strepitoso naif de “La leggenda del Re Pescatore” (1991) (altro film di Terry Gilliam), accompagnata da un’altra nomination all’Oscar che non andò a segno.
Sfumato il ruolo di Joe Miller nel film di Jonathan Demme “Philadeplhia “(1993) Williams torna a rifarsi al box office con la convenzionale ma accorata commedia “Mrs. Doubtfire – Mammo per sempre” (1993) di Chris Columbus cui seguiranno “ Imprevisti d’amore” (1995) e “L’uomo bicentenario (2001). Esilarante nella versione ‘molto frivola’ di un “Maestro come Ugo Tognazzi” ne “Il vizietto -Piume di struzzo” (1996). Mentre spettacolare e ‘sui generis’ sarà la sua interpretazione di “Will Hunting – Genio ribelle” (1997) di Gus Van Sant, nel ruolo di un altro testardo docente, questa volta suffragato dall’ambita statuetta di ‘zio Oscar’
Misconosciuto, straordinario, tutto da riscoprire anche in “One Hour Photo “ (foto in alto), giallo-psicologico del 2002 (incentrato su solitudine ed afasia di un uomo che ‘guarda’ la vita cui gli è precluso partecipare), scritto, sceneggiato e diretto da Mark Romanek.
Nel 2007 (perplesso) indossa- l’abito talare per interpretare il poco memorabile” Licenza di matrimonio”. Nello stesso anno compare anche nel cast di “La musica nel cuore”, con Jonathan Rhys-Meyers. Per poi subire una prima battuta d’arresto per problemi cardiaci, ma rimettersi in fretta (e disagio fisico: aveva da mantenere tre famiglie) per interpretare la statua movente di Churchill in “Una notte al museo 2”. Nel 2010 fa coppia con John Travolta nella commedia Disney “Daddy Sitter” – congedandosi giocoforza (tanta depressione, alcol e psicofarmaci tra mente e corpo) nella parte di Eisenhower per “The Butler – Un maggiordomo alla Casa Bianca”
Nel suo perpetuo alternarsi fra poesia, gag e ‘cuore di tenebra’ ci piace ricordarlo per quel che egli stesso desiderava essere: istrionico, ilare, anima sentimentale, ma guastafeste quando occorreva.