James Foley, non trasmettiamo video.
Sono i nostri valori le nostre armi

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In ogni redazione, da quando ho iniziato a lavorare come giornalista, prima in quella internazionale di Euronews, poi al TG1 e ora a Rainews24 arriva il momento in cui l’orrore del mondo irrompe in tutta la sua crudezza, senza filtri e ci si guarda negli occhi e ci si chiede cosa sia giusto fare: “Queste mamme siriane che stringono al petto le loro bimbe ammazzate da un bombardamento mentre giocavano in un giardinetto… Questi uomini crocifissi… La decapitazione di Foley… Cosa dobbiamo fare?” Oggi, diversamente da quando abbiamo iniziato a fare questo lavoro, sappiamo però che qualcuno sul web pubblicherà tutto integralmente. E sappiamo che milioni di persone vorranno vedere le immagini che noi censuriamo. Le vedranno.

A volte litighiamo tra di noi per questo, turbati dal dolore da cui siamo lambiti, ci chiediamo cosa sia più giusto. Proteggere le vittime dalla curiosità morbosa o accendere i riflettori, scuotere le coscienze… Ripenso a quando da piccola, coetanea di Kim Phuk, la bambina simbolo della guerra del Vietnam, fui sconvolta dalla foto in cui fuggiva in lacrime, nuda e bruciata dal napalm. Una foto terribile quella realizzata da Nick Ut, però vinse il Pulitzer e secondo molti contribuì a far finire quella guerra.

Eppure noi no, non trasmetteremo la decapitazione di Foley. Ci fermiamo prima. Per rispetto nei suoi confronti. Per la sua famiglia. Perche’ il rispetto nei confronti di deboli e indifesi e’ molto importante per noi. Non trasmetteremo quelle immagini anche per dire a quelli dell’IS che noi siamo diversi da loro in tutto e che i valori in cui crediamo non ammettono deroghe. Nemmeno per denunciare una cosi atroce ingiustizia come e’ stata l’esecuzione di Foley, il selvaggio accanirsi contro un ostaggio. Perche’ sono i nostri valori le nostre armi, la nostra vera difesa dalla barbarie.


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