Carissimo Michele Serra,
ti scrivo dicendoti prima di tutto che seguo religiosamente la tua rubrica, e che per me è fonte di ispirazione e analisi quotidiana.
Come ogni giorno oggi ho letto L’Amaca e ho letto le tue riflessioni sulla chiusura di un giornale storico: L’Unità. Devo confessarti che aspettavo un tuo commento al riguardo.
Vedi, io ho questo mese compio diciannove anni, la prima volta che comprai il giornale ne avevo sedici, comprai proprio L’Unità, da quel momento è cominciata la mia formazione politica, così ho cominciato a scoprire il mondo. Oggi scrivi: “La politica, i partiti, i giornali: è la trinità che ha illuminato la giovinezza di chi oggi viaggia dai cinquanta in su. Trovatemi qualcuno, al di sotto dei trentacinque anni, che consideri un partito o un giornale parte decisiva della propria identità. Figurarsi un giornale di partito.” Ecco, su questo punto vorrei risponderti, io ho meno di trentacinque anni, sono della generazione del 95, quella cresciuta guardando i cartoni animati su Italia Uno e nel pieno della “rivoluzione tecnologica”. Faccio parte di quella generazione che è nata dopo la caduta del Muro Di Berlino e che non ha potuto conoscere la “potenza” e la “forza aggregativa” di quei partiti di massa che fanno parte ormai del passato, non ho conosciuto Berlinguer se non sui libri di storia, non ho conosciuto le manifestazioni di piazza sotto una bandiera e non ho assistito alla creazione di quella “gioiosa macchina da guerra” che poi come naturale evoluzione è diventata il PD. Sostieni che sotto i trentacinque anni nessuno considera un partito o un giornale “parte decisiva della propria identità”, ti sbagli: io al congresso del Partito Democratico di novembre ho fatto la mia prima tessera e sono entrato nei Giovani Democratici, convinto che il mio essere progressista, il mio portare con orgoglio L’Unità nella tasca laterale del jeans fosse parte integrante della mia identità. Che mi distinguesse da quella parte “indifferente” della mia generazione che pensa solo alla discoteca e a divertirsi. Il Mio Partito e il Mio Giornale per me sono parte integrante della mia identità di individuo, il mio far parte di una comunità è una cosa che mi da la forza per battermi per un mondo migliore, come tu stesso hai scritto nella tua rubrica “il sentirsi parte di una comunità era più importante”, ed è più importante, perché in un mondo che accorcia le distanze, e forse contemporaneamente le aumenta sentirsi parte di un qualcosa per me è fondamentale. Credo che questo sia un modo d’essere che non riguarda solo me, grazie ai Giovani Democratici ho conosciuto tanti compagni e compagne che – come me – danno il loro tempo, le loro energie e il loro entusiasmo per il Partito e per un’ideale comune. Proprio la settimana scorsa ero con loro alla Festa de’ L’Unità di Napoli organizzata interamente dai GD e alla quale ha partecipato anche Bersani. E tutti noi per cinque giorni siamo stati li, sotto il sole, a montare i banchetti, i gazebo, il palco e gli impianti mentre tanti nostri coetanei erano al mare, “indifferenti”. Quella parola: “indifferenti”, quelli che Gramsci odiava e che io non comprendo.
In parte hai ragione, è difficile trovare un ragazzo sotto i trent’anni che si identifica ancora con un giornale e un partito, ma una parte importante di noi che ha bisogno di “appartenenze” c’è, esiste, e rimarrà, perché nessuno riuscirà mai a frenare quell’istinto umano, insito in ognuno di noi, di aggregarsi e discutere.
Le nostre generazioni sono distanti, siamo nati in epoche diverse e per certi versi diametralmente opposte, ma per l’Unità c’è ancora spazio, c’è spazio in quella parte della mia e della tua generazione che non si arrendono “all’indifferenza”, e il filo rosso che tende tra queste due diverse generazioni è ancora saldo, e la sua forza non si è ancora esaurita.
A dimostrazione di ciò assieme ad altre dieci persone di età compresa tra i 16 e i 78 anni abbiamo creato la pagina Facebook “Io Sto con L’Unità” attraverso la quale, tutti assieme, conteremo i giorni e perfino le ore che ci separano dalla riapertura promessa dai vertici del mio partito e che ti invito a visitare per leggere quanta vita ancora si muova attorno a l’Unità, a dimostrazione che: come annuncia il suo ultimo grido in prima pagina: L’Unità è viva.
Come hai detto tu nel ventunesimo secolo: Ognuno viaggia più solo e più smarrito, ma non è propriamente vero, in un mondo che sembra aver smarrito l’identità, in un mondo capitalistico e consumistico, in un mondo dove il capitale vale più del lavoro umano….in un mondo così, in mezzo a tanto schifo, in mezzo a tanta “indifferenza” ci sono delle cose, dei valori e delle tradizioni alla quale vale la pena aggrapparsi.