Due immagini, quando ripenso a Federico. Una è di cinque anni fa: è piazza del Popolo, la straordinaria piazza del 3 ottobre 2009, stracolma di cittadini che in nome dell’articolo 21 dicevano il loro no ai tentativi di leggi-bavaglio. Se quella manifestazione è rimasta nella storia civile del Paese, se ha dato forza e speranza a tutti coloro che non volevano rassegnarsi, Federico ne ha avuto un merito non piccolo. Perché la sua voce su quel palco testimoniava quanto largo fosse, nella società italiana, l’arco di forze che sentiva come minacciosa la stretta sull’informazione. Rendeva chiaro, con la storia di una vita professionale limpida, che era la stessa area liberale a rifiutarsi di vedere associati i propri valori al populismo mediatico e censorio di Berlusconi, che proprio del titolo di “liberale” faceva abuso.
L’altro ricordo è di pochi giorni fa, e viene dalla rassegna stampa di Radio Radicale. Federico si rivolgeva a Marco Pannella, per comunanza di valori e non solo, e ai colleghi di Europa. Le sue condizioni erano quelle che erano, lo sapevamo tutti; eppure aveva ancora la saggezza e la generosità per occuparsi, come sempre, dei valori ai quali aveva dedicato la vita, riservando alla sua malattia appena una citazione leggera, signorile, autoironica. Come lui.