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Carceri: 17 per cento di recidiva con pene alternative, 67 per cento senza

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Questo  articolo si basa su notizie diffuse dall’ “ANSA”, Contiene notizie su cui converrebbe riflettere, su cui dovrebbero riflettere i nostri parlamentari e politici, dovrebbe essere materia di approfondimento giornalistico. E’ probabile che nulla di quanto si sta auspicando accadrà. La demagogia e la deriva securitaria ancora pagano, in questo paese. Ma veniamo alla “notizia”.

Riferisce l’ANSA: “La recidiva di un reato si riduce al 17 per cento “se si schiudono le porte del carcere” adottando misure alternative mentre è del 67 per cento se la detenzione viene scontata dietro le sbarre fino a fine pena”. Questi alcuni clamorosi e inediti dati contenuti in uno studio reso noto dall’ex direttore del carcere di Bollate, Lucia Castellano, oggi consigliere regionale della Lombardia e per oltre dieci anni alla guida di quello che viene considerato un ”modello” delle carceri in Italia. L’occasione, il corso di formazione organizzato dall’Ordine dei giornalisti d’Abruzzo, su “Carcere e informazione”, nell’auditorium della Casa circondariale di Pescara, San Donato.

Per 20 anni – ha detto Castellano – ho combattuto la cultura della vendetta e l’idea risarcitoria per cui chi ha offeso deve essere trattato male. Occorre risalire questa corrente e dire al mondo esterno al carcere che la detenzione è mancanza di libertà altrimenti non si riesce a rieducare. La mancanza di libertà fa male, è questa la pena“. Castellano fa l’esempio della televisione: “Si dice, allora non è un carcere. Ma la tv, rispondo, è il primo narcolettico dopo gli psicofarmaci“, sottolineando che “la semilibertà  e l’affidamento in prova sono una pena, non la scambiamo per libertà”. 

Nel corso del forum persone competenti hanno detto cose molto ragionevoli e di buon senso, dunque, per un paese come il nostro, “rivoluzionarie”. Resteranno, temiamo, nell’ambito degli addetti ai lavori. Un pessimismo che deriva dall’esperienza di questi anni. Speriamo almeno che vengano pubblicati gli atti di questo convegno. Segnatamente una copia per il presidente del Consiglio, altre due per i ministri della Giustizia e dell’Interno.


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