Sursum Concordia

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Quella nave martirizzata sulle piccole secche del Giglio (gennaio 2012) sta facendo rotta verso Genova per subire la sua pena capitale. Per alcuni degli ultimi occupanti ha fatto da bara. Per tutti gli altri ha fatto da incubo che probabilmente si ripercuoterà nelle notti ancora a venire. Per i responsabili fa da corpo di reato. Prima era parco per divertimenti alla stregua dei Disneyland e affini sparsi per il mondo.

La Concordia del “torni a bordo cazzo” servì come mondiale metafora dello stato in cui si trovava l’Italia d’allora: affondabile al comando dell’ennesimo intrallazzatore e/o incapace di turno…

La Concordia d’oggi è relitto che persone di buona volontà stanno cercando di smaltire sfidando il tempo per non troppo ferire l’ambiente circostante e immediatamente dopo le casse dell’erario. Con il loro “eppur si muove” i media stanno tirando su scoop per puntate quotidiane. Che facciano pure:  ormai è ampiamente consolidata la necessità di fare d’ogni tutto spettacolo. Ma, per piacere, che si astengano di adoperare ancora la Concordia per passarci messaggi subliminali,   magari per farci pensare che i problemi sono finiti solo perché quella nave è tornata a galla. Se proprio vogliamo stare con i piedi per terra dobbiamo accontentarci del fatto che, per la prima volta nella storia dei disastri italiani, siamo riusciti a  liberarci almeno dalle macerie: chapeau agli addetti ai lavori.


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