Sabir era un idioma parlato in tutti i porti del Mediterraneo dal Medioevo fino a tutto il XIX secolo. Uno strumento di comunicazione in cui confluivano parole di molte lingue del Mediterraneo e che consentiva ai marinai e ai mercanti dell’area di comunicare fra loro. Sabir oggi è il nome di un Festival che si terrà a Lampedusa dal 1 al 5 ottobre. Sarà il Festival diffuso delle culture mediterranee, promosso da Arci, Comitato 3 ottobre e Comune di Lampedusa, con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e della Rai”. A scriverlo ad Articolo21 sono i promotori del Comitato 3 ottobre.
“Il titolo ha l’intento di evocare la vocazione storica dell’isola di Lampedusa, che le deriva dalla sua collocazione geografica e che ha visto, nel corso dei secoli, il passaggio delle grandi civiltà mediterranee. Lampedusa, dunque, come luogo di incontro e di scambio di culture, tradizioni e saperi. Lampedusa, nell’immaginario collettivo, è soprattutto legata ai grandi flussi di migranti, alle tragedie che nel canale di Sicilia si cono consumate, a un’accoglienza quasi sempre fornita in condizioni di emergenza, nonostante la solidarietà di cui spesso hanno dato prova, in condizioni difficili, i suoi abitanti”.
“L’intento del Festival è quello di restituire all’isola un’immagine diversa, di valorizzarne il potenziale sociale, economico e culturale, di rafforzarne il ruolo di ponte tra le due sponde del Mediterraneo, per la costruzione di uno spazio aperto e solidale tra i paesi che vi si affacciano.
Durante i 5 giorni del festival si alterneranno dibattiti con ospiti internazionali, laboratori, eventi teatrali e musicali, spazi dedicati alla letteratura. La direzione artistica degli eventi teatrali è affidata ad Ascanio Celestini, mentre per gli eventi musicali la direzione artistica sarà di Fiorella Mannoia.
Il 3 ottobre ci saranno varie iniziative in ricordo del tragico naufragio in cui persero la vita 368 migranti, iniziative di cui saranno protagonisti i familiari delle vittime e i superstiti.
Verranno da tutta Europa per ricordare, e per tornare a chiedere risposte alle promesse fatte loro subito dopo la tragedia e ancora non mantenute. Come la procedura per il test del Dna per riconoscere e dare un nome a tutte le vittime del naufragio, per avere un posto dove piangere i loro cari. Una procedura che diventi standard per le centinaia di altre vittime che sono seguite a quel tragico ottobre, quasi mille i morti dall’inizio dell’anno.
Il 3 ottobre dovrà essere occasione per rilanciare la necessità di aprire corridoi umanitari per impedire che chi scappa da guerra e dittatura sia costretto a rischiare la vita nel deserto e poi in mare. Una richiesta ripetuta continuamente in questa estate di sbarchi e di naufragi di cui l’Europa deve farsi carico, soprattutto ora che inizia il semestre di presidenza italiana del Consiglio dell’Unione Europea.
Il 3 ottobre non dovrà essere occasione di passerelle politiche o di altre promesse. Di promesse ne sono state fatte troppe.
Ora si attendono solo certezze e un segno di rispetto, che deve arrivare, anche se in grande ritardo”.
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