Intervista di Simonetta Robiony
Stefano Balassone, produttore e autore televisivo, studioso dei mass media, ex consigliere d’amministrazione della Rai, è docente di Economia dei Media allo SOB di Napoli e alla LUISS di Roma, ma la sua fama è legata agli anni in cui, con il direttore Angelo Guglielmi, ha fatto di Raitre la rete più innovativa, interessante e curiosa del sistema televisivo italiano. A lui abbiamo chiesto di dirci la sua opinione sulla ventilata riforma della Rai, tenendo presente l’ottica con cui l’abbiamo prospettata noi di Snoq Libere.
– Ritiene abbia un senso proporre almeno un canale generalista della Rai che abbia come missione culturale quella di far crescere in Italia una coscienza realmente paritaria tra uomini e donne, rispettando però le specificità di entrambi i generi?
“Sinceramente no. Compito di un direttore di rete oggi è controllare che non vi siano evidenti squilibri tra la rappresentazione delle donne e quella degli uomini perché se vi fossero sarebbero frutto di una eredità storica mal concepita o di un errore interpretativo della realtà: di più non credo sia opportuno pretendere. Una rete generalista non è una rete tematica”.
– Proporre questa mission per la Rai o almeno a una sua rete le pare, quindi, uno sbaglio?
“Sì. Una rete generalista per sua natura non è una rete settoriale. Il problema della promozione femminile esiste e chi dirige una televisione deve percepirlo, ma il servizio pubblico non deve essere né di avanguardia né passatista. La televisione non è un giornale o una rivista: deve rivolgersi a tutti, altrimenti non è vera televisione”.
– E le reti tematiche: che ne farebbe delle reti tematiche targate Rai?
“Le chiuderei tutte per non disperdere le risorse economiche in mille rivoli inutili”.
– I canali tematici resterebbero solo in mano ai privati, però…
“A mio parere è tempo di occuparsi solo della televisione pubblica lasciando ai privati il mondo del business. Non ha più senso immaginare il duopolio Rai-Mediaset come è stato in passato. I legislatori hanno nuovi terreni su cui intervenire, primo fra tutti il diritto d’autore che va regolamentato nuovamente. Alcuni pensano anche a leggi anti-trust per mettere un tetto alla pubblicità, ma io non sono d’accordo perché i soldi degli investimenti pubblicitari vanno dove vogliono, comunque”.
– Come dovrebbe essere la Rai secondo la sua riforma?
“Abbiamo una televisione in Italia che era concepita come un giardino chiuso. Il mondo è cambiato. La riforma del 1975 si poneva come obiettivo il pluralismo, quindi era lo specchio del parlamento con partiti e partitini a comandare.Nel tempo, però, è diventata una ancella della tv privata che poi è stato ed è tuttora il gruppo Mediaset di Berlusconi. E’ il momento che torni libera dai troppi condizionamenti partitici perché così come è, con risorse mezzo pubbliche e mezzo private, la Rai è un morto che cammina”.
– Quindi?
“Quindi io vorrei che la Rai prendesse come modello la BBC, la migliore tv pubblica europea con consiglieri di nomina governativa e non parlamentare, scelti individualmente tra nomi di prestigio. Le basterebbero due canali: uno che potrebbe nascere dalla fusione tra Raiuno e Raitre, senza pubblicità, e un altro, dipendente da una nuova società, con spot e programmi suoi come è in Gran Bretagna Channell 4. Mediaset a quel punto avrebbe come concorrenti Sky, Google, La 7 o qualsiasi cosa verrà, mentre la Rai potrebbe concentrarsi su altri obiettivi”.
– E quali sarebbero?
“Il primo è rimettersi a produrre e smettere di comprare. Non possiamo continuare a fare una fiction che sui mercati internazionali non vuole nessuno pur avendo in Italia talenti e capitali per concorrere con gli altri paesi. Se facciamo “Gomorra”, che è costata quattro volte una fiction media, poi la vendiamo in mezzo mondo e coi proventi rilanciamo l’occupazione e aumentiamo i ricavi”.
– Non sarà che, come “La Piovra” trent’anni fa, vendiamo la nostra fiction solo se parliamo di mafia, camorra e n’drangheta?
“Può darsi, ma Hollywood non ha campato per anni vendendo i western e il loro mito del west?”.
– E il secondo obiettivo qual’è?
“Non c’è un ordine d’importanza tra i due obiettivi. Comunque l’altro, quello che toccherebbe alla prima rete, è quello editoriale: puntare sull’identità del nostro paese, non solo riscoprendone le radici ma prospettandone gli sviluppi futuri. Se la Rai riuscirà a compiere questi passi sarà salva e avrà un senso conservare una tv pubblica”.