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Profughi, gli albergatori: “Non li accogliamo, gestione dilettantesca”

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Federalberghi Veneto non ha partecipato al bando della prefettura. Il presidente, Marco Michielli “Non sappiamo quanti sono, da dove arrivano, quanto restano. Sempre disposti a collaborare ma stavolta no. Non siamo in grado di gestire un’accoglienza dignitosa”

VENEZIA – “Abbiamo sempre fatto la nostra parte e siamo sempre stati disponibili. Ma questa volta siamo di fronte all’insicurezza più assoluta: non conosciamo i numeri, le nazionalità, lo status di queste persone. Come potremmo accoglierle?”. Così Marco Michielli, presidente di Federalberghi Veneto, motiva la mancata partecipazione degli albergatori al bando per l’accoglienza dei profughi in arrivo da Lampedusa.
“Noi siamo soliti collaborare con la prefettura e la protezione civile per ogni emergenza, quindi non si tratta affatto di una questione ideologica. Il problema è diverso: non sanno dirci quante persone dovrebbero arrivare e che lingua parlano, per cui non saremmo in grado di fornire un’accoglienza dignitosa. In più non sappiamo quanto dovrebbero rimanere e sappiamo già che molti se ne andranno presto, per proseguire in paesi come la Germania e la Svezia. E l’albergatore dovrebbe anche farsi carico della segnalazione di scomparsa alle autorità”. I 30 euro al giorno a persona offerti dallo Stato non sono abbastanza per prendersi il disturbo, “anche perché, di questi, 5 vanno al profugo e l’albergatore deve farsi anche carico di fornirgli gli abiti” precisa Michielli.

In più tutto questo capita in piena stagione estiva. “Come possono pensare di mandare queste persone, in fuga dalla guerra, in località turistiche come Jesolo? Non dimentichiamo che molti sono musulmani: posso davvero ospitarli in un albergo dove si possono trovare donne in topless in piscina? Per loro probabilmente sarebbe un ulteriore shock”.

Per il presidente di Federalberghi il problema nasce dalla “gestione dilettantesca dell’emergenza”. Ma una soluzione potrebbe essere dietro l’angolo: “Siamo pieni di vecchi centri di addestramento delle reclute dismessi, che potrebbero benissimo ospitare questa gente. Allo Stato costerebbe sicuramente meno e le persone sarebbero più sotto controllo, evitando che si spagano per il territorio del nostro paese e degli stati vicini”. (gig)

Da redattoresociale.it


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