Paternalismo o patrilinearità? L’immutabilità del cognome

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Alla Camera dei Deputati non passa neppure la scelta del cognome per la prole. Diversi gli articoli della stampa che si sono espressi criticamente nei riguardi dei politici che non hanno favorito il DDL di riforma ma senza approfondire il tema. La libertà di scelta del cognome è necessaria per allinearci alla Corte Europea dei diritti dell’Uomo che con sentenza 77/7 ha ribadito quanto sia lesivo al principio di uguaglianza ricevere il solo cognome paterno. La questione è stata analizzata in una prospettiva di genere, in specie non sarebbero mancate esplicitazioni di dissenso nei confronti di politici additati come fanatici del paternalismo. Il problema è invece ancora più profondo di quanto appaia in prima battuta. In Italia vige un forte ritardo e arroccamento culturale, si pensi che generalmente nelle famiglie che si costituiscono, ancora si attende il figlio maschio per poter dare continuità al cognome e al relativo passaggio dei beni. Nel caso di figlie femmine, si offrono la chance dello studio, della crescita culturale ma il matrimonio può essere visto sotto due direttrici o come perdita o come acquisizione – e qui dipende dalle origini e dal peso ereditario delle donne. La questione qui aperta non è squisitamente femminile, essa tocca un aspetto fondamentale dell’esistenza ovvero la libertà di scelta. In un sistema che non premia gli individui per la propria competenza e che per favorire la presenza rosa nelle istituzioni e nei CDA necessita di un obbligo di legge per ritagliare delle “quote rosa”, il quadro sociale e culturale italiano rivela tutta la sua inadeguatezza. In effetti, il brocardo che afferma: “la madre è sempre certa” ha le sue ragioni ma perché i figli dovranno tramandare un cognome familiare unicamente incentrato sulla linea paterna? E’chiaro che ciò appare necessario anche per tramandare la c.d “ roba” di verghiana memoria. Tutte le questioni legate all’eredità, ai diritti reali e di proprietà subirebbero un mutamento specie nella cultura italica che vede i figli maschi come eventuali ed unici eredi del “tramandare”.

Solo per voltarsi indietro nel tempo, rappresentava un disonore dover riconoscere un figlio in assenza del padre e solo in quel caso, il cognome della madre, veniva consentito. Da ciò si può dedurre che è possibile solo nella eccezionalità di assenza del riconoscimento paterno. La parentela è dunque agnatica ovvero fondata su una sola linea di discendenza, pertanto, patrilineare. La possibilità di aprire a un cognome anche esclusivamente di discendenza matrilineare ha generato delle perplessità, non in termini di legalità ma di eventuale riconoscimento di un potere: Quello di scegliere, aprendo a nuove possibilità di succedere o tramandare una “doppia” appartenenza familiare.


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