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Libia, un inferno. Davanti a casa nostra

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La Libia ormai è allo sbando e centomila disperati sono pronti ad attraversare quella piccola fetta di Mediterraneo per rifugiarsi da noi. Sta avvenendo quello che Gheddafi aveva predetto: “dopo di me sarà il caos”. In effetti, la nuova Libia è precipitata nel baratro, ormai è nelle mani delle bande armate. Il raìs non era certamente un libertario, non sopportava il dissenso, ed era convinto che tutti avessero bevuto la favola del “popolo sovrano”. Non c’era insomma democrazia, ma neppure c’era disperazione. E soprattutto aveva creato uno Stato, sia pure a sua immagine e somiglianza mettendo bene o male d’accordo cento tribù. Adesso le tribù si scannano ed è soprattutto cresciuto lo spettro di al Qaeda che si è impossessato di buona parte del territorio, soprattutto al sud. La storica rivalità fra Tripoli e la Cirenaica ha provocato la rivolta, appoggiata maldestramente dagli occidentali che hanno favorito la deriva fondamentalista, senza capire che si faceva il gioco (sporco) dell’emiro del Qatar che da sempre aspira a diventare il leader del grande Islam. Adesso i “liberatori”, a cominciare dagli americani e dai francesi, sono letteralmente scappati lasciando Bengasi nell’anarchia totale, segno di un fallimento gigantesco. E i nuovi “ribelli” sono talmente stupidi da bruciare addirittura l’unica risorsa del Paese, cioè il petrolio, rischiando anche una catastrofe ambientale. 

Ho seguito personalmente per molto tempo l’entusiasmo degli “shabab” in cerca di libertà, ma senza l’intervento degli occidentali il loro sarebbe rimasto un sogno. Per come è finita si è costretti a rimpiangere la Libia prima della svolta, con una situazione tutto sommato non drammatica, sicuramente non peggiore di altri Paesi africani. E un territorio laico, senza sussulti jihadisti che hanno portato in questi giorni addirittura a sequestrare un uomo di pace, l’ex presidente Abushagar, che stava cercando di favorire  una tregua in quello che è ormai un bagno di sangue, con il generale ribelle Haftar da una parte e la brigata Ansar al Sharia dall’altra. Omicidi e sequestri sono all’ordine del giorno. Ne fanno le spese i politici, ma come al solito, anche i giornalisti che faticosamente stanno cercando di opporsi alla cultura di morte: quattro sono stati uccisi negli ultimi mesi, compresa la giovanissima reporter televisiva Nassib Karnafa. Altri sono stati sequestrati, così come molti tecnici stranieri. Ci sono anche due italiani, ancora ostaggio delle bande: il veneziano Gianluca Salviati e il piacentino Marco Vallisa. Un inferno. Proprio davanti a casa nostra.


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