di Gian-Luca S. Castaldi*
A Castel Volturno, nel quartiere di Pescopagano, la sera del 13 luglio 2014 (ore 20:00) due ragazzi originari della Costa d’Avorio sono stati feriti con un’arma da fuoco, a seguito di una lite con due italiani. I nomi dei due ragazzi sono YUSSIF BAMBA (35 anni) e NICOLAS GYAN (37 anni). La ragione della lite è stata molto superficiale. Yussif stava trasportando una bombola di gas ed è stato fermato da due italiani, Pasquale Cipriano (padre) e Cesare Cipriano (figlio), proprietari di un’agenzia di vigilanza privata. Questa agenzia, tra l’altro, non è neanche registrata: legalmente non esiste. I due sono scesi dalla macchina ed hanno cominciato a minacciare Yussif chiedendo dove avesse preso quella bombola. Infatti i due Cipriano, oltre a gestire un controllo privato ed abusivo della zona, vendono bombole del gas, e pensavano che il ragazzo avesse rubato la bombola, dato che non l’aveva comprata da loro. Il ragazzo ha insistito a ripetere che la bombola non l’aveva rubata a loro, ma che era sua, e allora Cesare Cipriano (figlio) lo ha aggredito. Nicolas, connazionale di Yussif, è intervenuto per aiutare l’amico, finché i due aggressori non sono scappati con la macchina. Una volta che la macchina si è allontanata, Nicolas ha chiesto a Yussif cosa fosse successo, e mentre quest’ultimo raccontava, la macchina è tornata. Dentro c’era solo Cesare Cipriano, che ha aperto il fuoco ed ha sparato ad entrambi ferendoli alle gambe.
Sul luogo, a quasi trecento metri, c’eravamo noi come Caritas Caserta. Infatti, io e Osman (mediatore culturale della Caritas) eravamo lì per le attività del Progetto Presidio di Caritas Italiana. Entrambi siamo intervenuti in tempo, l’ambulanza è giunta in pochi minuti. Tuttavia è stata questione di pochi minuti anche prima che si creasse un buon numero di immigrati africani che si è messo prima ad urlare e poi a gettare l’immondizia che stava ai bordi delle strade per creare la prima barricata. C’erano frigoriferi dismessi e mobili rotti, e quindi è stato veramente un attimo. La sede dell’agenzia di vigilanza privata, infatti, si trova a meno di 200 metri dal luogo dove è avvenuto il tutto: gli immigrati volevano impedire l’arrivo delle forze dell’ordine per poter correre all’agenzia e farsi vendetta da soli. Dopo altri pochi minuti, la seconda barricata è stata tirata su proprio oltre la sede dell’agenzia privata, chiudendo la strada da entrambi i lati.
L’arrivo dei carabinieri è stato, mi suole dirlo, tanto lento quanto inutile. Avevano paura ad avvicinarsi e non riuscivano a comunicare con nessuno. Io e Osman abbiamo cominciato a mediare, calmando i migranti. Alla fine siamo riusciti ad ottenere che una delle due barricare si aprisse per far passare le ambulanze e i carabinieri. Una volta portati via i ragazzi feriti, tuttavia, il clima si è fatto sempre più caldo, e il numero dei migranti scesi in piazza era aumentato notevolmente, saranno stati già un 150. Abbiamo continuato a mediare, spiegando ai migranti che dovevano calmarsi e lasciare che i carabinieri arrestassero i due italiani. Ma non ci siamo riusciti, perché ormai i migranti avevano deciso di bruciare le macchine dell’agenzia e l’ufficio.
Pochi minuti dopo la macchina che si trovava di fronte all’ufficio era già in fiamme, e poi i migranti hanno cominciato a sfondare la saracinesca e la porta di entrata dello stabile. Sono entrati ed hanno dato fuoco a tutto. Il problema si è aggravato quando ci siamo accorti che al piano di sopra c’erano delle persone, tra cui una ragazzina, e che nel cortile di dietro, tutto in fiamme, macchine, un furgone e soprattutto molte bombole del gas. Io e Osman ci siamo messi ad allontanare i migranti, per evitare la tragedia e lasciare che chi fosse al piano di sopra potesse scappare. Ci siamo riusciti, anche se nel trascinare fuori i migranti inferociti, uno non mi ha riconosciuto e mi ha prima colpito alla testa da dietro facendomi cadere a terra e poi preso a calci mentre tentavo di rialzarmi. Osman, nel frattempo aveva chiamato di nuovo l’ambulanza, perché un ragazzo era rimasto ferito e perdeva molto sangue. Non è riuscito a convincere i migranti a fare aprire di nuovo la barricata, e quindi ha trascinato il ragazzo ferito fino all’altra parte, in modo che l’ambulanza potesse portarlo via. L’esplosione del gas è avvenuta, per fortuna, che eravamo riusciti a far uscire ed allontanare tutti.
Mentre tutto questo avveniva, è arrivata anche la Squadra Mobile della Polizia. Io e Osman cercavamo di mediare e di mantenere calmi gli animi, per evitare che il tutto degenerasse ulteriormente. Tuttavia tra di loro non trovavo nessuno con cui interloquire autorevolmente e quindi ho provveduto a chiamare il dott. Vola Mario, della Squadra Mobile. Lui ci conosce da anni ed è il nostro punto di riferimento per la lotta allo sfruttamento lavorativo. Mi ha assicurato che avrebbe informato l’ispettore capo addetto della mia presenza e che mi avrebbe fatto trovare. Così è avvenuto. Dopo pochi minuti mi ha telefonato l’ispettore capo Alessandro Tocco, chiedendomi della situazione e suggerimenti sul da farsi. Mi disse che stava mandando qualche decina di agenti, in tenuta anti-sommossa, e allora io l’ho sconsigliato. Gli ho detto che sarebbe stato l’inizio della fine, che uno spiegamento di forze avrebbe solo fatto peggiorare ulteriormente la situazione, aumentando sia il numero dei migranti che la loro rabbia. Gli ho detto apertamente: meglio lasciare che bruci una casa che rischiare una città intera in fiamme. Mi ha dato ascolto e non ha mandato gli agenti che aveva preparato. Come avevo previsto, infatti, bruciata la casa e fatto esplodere il tutto, la rabbia ha cominciato a scemare, e la mediazione è diventata più facile, anche perché alcuni migranti si erano resi conto che se non li avessimo fatti uscire in tempo l’esplosione avrebbe certamente ferito molti di loro se non peggio. Insomma, ora ci ascoltavano un po’ di più.
Nel frattempo ci ha richiamati l’ispettore capo Tocco e ci ha riferito che Pasquale e Cesare Cipriano erano stati entrambi arrestati ed ora si trovavano in Questura a Caserta. Io ed Osman abbiamo subito comunicato la notizia ai migranti, sapendo che questo avrebbe aiutato ulteriormente a calmare gli animi. Nell’occasione, ho ringraziato l’ispettore di aver seguito il mio consiglio e di non aver inviato gli agenti anti-sommossa: la situazione si stava scemando, come gli avevo garantito che sarebbe successo sin dall’inizio. Nel giro di un paio d’ore siamo poi riusciti a disperdere i migranti, che però minacciavano rappresaglie per il giorno successivo.
A questo punto, la prima cosa che io ed Osman abbiamo fatto è stato avvertire un po’ tutte le realtà associative che lavorano sul territorio: il centro sociale “Ex-Canapificio”, Emergency, R.E.S. ed altri. Infatti, siccome il tutto è avvenuto in una domenica sera, nessuno era in giro, e il risultato è stato che io ed Osman ci eravamo trovati completamente soli a gestire una situazione al limite della follia. In secondo luogo, abbiamo subito convocato alcuni dei leader del Movimento dei Migranti e Rifugiato, che è molto forte ed organizzato sul territorio, chiedendogli una buona presenza per il servizio d’ordine il giorno successivo. Infine, l’ispettore capo Tocco ci aveva chiesto di non lasciare Castel Volturno ma di rimanere in giro, assicurandoci la presenza di volanti il giorno successivo, e dunque io ed Osman abbiamo passato la notte a convincere i migranti a non fare follie il giorno successivo,a calmare gli animi e a rassicurare.
La mattina del 14 luglio, alle 8 del mattino, la situazione era calma. Il Movimento dei Migranti e Rifugiati si era ben organizzato ed era presente in un buon numero per garantire supporto logistico e servizio d’ordine. Quindi, io e uno dei loro leader, Doe Prosper, ci siamo recati al pronto soccorso di Castel Volturno per assicurarci sullo stato di salute dei due ragazzi feriti. Entrambi stavano abbastanza bene. Avevano estratto le pallottole e non vi erano complicazioni cliniche. E’ stato parlando con loro che abbiamo capito bene la dinamica della lite e tutto il resto. Siamo dunque tornati nel quartiere di Pescopagano, dove ci aspettava già l’ispettore capo Tocco. La situazione era tranquilla, e dunque ci ha chiesto di accompagnarlo al pronto soccorso per prendere la deposizione dei ragazzi e tradurre. Così abbiamo fatto.
Tornati nuovamente a Pescopagano, ci siamo accorti che erano arrivati un buon numero di giornalisti. Ci siamo attivati a spiegare la situazione e a evitare nuovi allarmismi sul territorio. Tuttavia, l’arrivo dei giornalisti ha infastidito la popolazione locale italiana, che si è radunata in un centinaio di manifestanti che hanno bloccato la Domiziana. Volevano che i giornalisti prendessero anche la loro versione. E la retorica è sempre quella: non ce la fanno più, troppi stranieri, lo stato non c’è eccetera eccetera…
Questa manifestazione d’italiani residenti, tuttavia, è stata una provocazione per la popolazione straniera, che ha cominciato di nuovo a scaldarsi. Alcuni migranti hanno rialzato una barricata, a cui gli italiani hanno risposto con un’altra barricata. La strada principale di Pescopagano, la vena che divide la città in due e l’attraversa da un capo all’altro era divisa in due, barricata degli italiani e barricata degli africani. Forze dell’ordine nel mezzo. La tensione era altissima. Tra gli italiani si cominciava a dire che bisognava iniziare da noi, da quelli delle associazioni, della Caritas, da quelli che “difendono i negri” eccetera eccetera. Quindi abbiamo deciso di esporci un po’ di meno, e di levarci i gilet con i loghi del Progetto Presidio – Caritas Italiana, ed hanno fatto lo stesso anche quelli di Emergency ed altre associazioni.
Per fortuna siamo riusciti a fare in modo che i migranti non aumentassero troppo di numero e a quindi a calmarli. Ci sono volute ore, ma alla fine ce l’abbiamo fatta. Dopotutto, a differenza della sera prima, eravamo molti di più a controllare la situazione e a mediare. Nel frattempo, l’ispettore capo Tocco mi ha confermato che solo il figlio, Cesare Cipriano, era tornato indietro con la macchina a sparare. Lo ha confermato anche Yussif in ospedale. E quindi il padre, Pasquale Cipriano, pregiudicato, che era stato arrestato in questa occasione per concorso in tentato omicidio, verrà rilasciato al più presto. Io ho comunque fatto notare che quasi tre mesi fa accompagnammo un altro immigrato ghanese, Martin Kwadwo, a denunciare un aggressione d’arma da fuoco. Anche a lui spararono alla gamba. In quella occasione, dopo l’aggressione, gli stessi padre e figlio Cipriano andarono da un altro immigrato, Hassan, a minacciarlo dicendoli letteralmente che dovevano stare tutti attenti, perché se no sarebbero finiti tutti come quel ragazzo “a cui è stato sparato”. Nella denuncia noi avevamo specificato tutto. Non so se questo avrà un ruolo nelle indagini e nel processo che ne seguirà. Oggi è il 15 luglio. Non so cosa può succedere, ma spero che il picco di tensione sia ormai passato.
Fonte: http://www.3dnews.it/node/2403