Che la concessione dell’immunità già valida per gli attuali deputati debba valere anche per quelli che saranno eletti nel nuovo Senato, benedetto ormai da una classica legge bipartisan tra il capo del governo Matteo Renzi e uno dei capi dell’opposizione ( l’eterno personaggio di cui, a quanto pare ,non riusciamo ancora a liberarci, pur con tutta la buona volontà),è un dato oggettivo di cui dovremo, con soddisfazione o invece con autentico dispetto a seconda di come la pensiamo.
E, come è noto- a parte l’atteggiamento più o meno conformista che continuano avere i giornali come i canali televisivi- rischiamo di trovarci (a parte la posizione contraria dell’on. Bersani e della minoranza del Partito democratico che non potrà fare a meno di votare come il segretario in carica chiede o chiederà)di fronte a un pezzo del parlamento che avrà di sicuro- a leggere il progetto Renzi-Boschi già approvato dalla commissione Affari Costituzionali con qualche variazione non strategica al testo arrivato-minori poteri e neppure il voto di fiducia del governo ma soprattutto avrà, nello stesso tempo, l’immunità per i suoi membri.
Ed è proprio questo elemento che non fa piacere trovare soprattutto a chi come chi scrive che viene invitato in varie città italiane a parlare della Costituzione repubblicana, essendosi a suo tempo laureato in Giurisprudenza proprio sulla Corte Costituzionale e ricorda quello che c’è scritto nei lavori preparatori della Carta a proposito dei diritti e dei doveri di chi dovrà rappresentarci nelle prossime elezioni politiche.
A leggere quelle carte ingiallite si ha un’immagine della classe politica sicuramente migliore di quella che hanno oggi gli italiani che ancora seguono i lavori del parlamento e del governo come accade a chi soffre ancora di passione e interesse per l’andamento della cosa pubblica. Faremo soltanto qualche citazione per non annoiare i lettori ma sono convinto che bastino a far comprendere a chi vive oggi come sono cambiate le cose rispetto a circa settant’anni fa.
Pensiamo ad esempio a uno studioso come Petrassi il quale teme che “l’esclusione dell’arresto in fragranza produca l’effetto di esporre il deputato a un pericolo di linciaggio” E il presidente della sottocommissione che prepara il testo per l’assemblea chiarisce che “il principio dell’immunità parlamentare non deve essere ispirato al criterio di creare una posizione di privilegio al deputato nei confronti delle supreme esigenze di giustizia, bensì a quello di garantirlo da una eventuale sopraffazione di carattere politico”. E due personaggi molti differenti tra loro ma che io, in tempi ormai lontani, conobbi come il presidente della repubblica Giovanni Leone e il grande giurista Piero Calamandrei erano a quei tempi d’accordo sul fatto che i cittadini devono comunque potersi “difendere dalle offese di un deputato” e “dai gravissimi danni di una diffamazione per mezzo di un discorso in Assemblea.
E ancora il presidente della commissione per la Costituzione Meuccio Ruini afferma che l’arresto del deputato senza autorizzazione va consentito solo “quando il colpevole è colto proprio nell’atto di commettere il reato.” E avverte quindi che “la Costituzione non è soltanto un codice od una legge ,è qualcosa di più: le sue parole hanno un valore che è anche etico politico, di portata giuridica, ma in un senso più ampio.” Non aggiungo altro ma forse varrebbe la pena per chi dovrà votare per la legge analizzare le ragioni di quel biennio deciso, il 1946 e il 1947 in cui la Carta venne scritta e approvata.