Tre notizie che rischiano di leggersi male o di non leggersi affatto, perché i giornali in edicola hanno scelto di sottolineare altri temo. A Gaza è stato “Colpito un edificio delle Nazioni Unite” e si è consumata una “Strage al mercato”. La Stampa propone un riquadro in prima, sopra il titolo principale: “L’ONU contro Israele. È una vergogna”. Ma “Hamas è fascista e ci vuole distruggere”, risponde lo scrittore Ari Shavit. Tesi non infondata. Ma che non giustifica il governo Netanyahu che lascia sgomenti, perché stronca vite e speranze palestinesi e perché isola e danneggia Israele con una guerra senza sbocchi.
Richiamo in prima sul Corriere: “L’Argentina è a un passo dal default”. La giustizia americana le intima di pagare i debiti pregressi con alcuni “fondi” che negli stessi ambienti finanziari vengono definiti “avvoltoi”. Sono quelli che non accettarono, all’inizio del 2000, la “ristrutturazione del debito” argentino. Volevano e vogliono essere pagati inegualmente anche dopo il fallimento. Ora, se il ministro dell’economia di Buenos Aires, Axel Kicillof, fosse intenzionato a pagare, si farebbero avanti tutti quelli che avevano accettato il taglio del debito: un disastro! Se non pagasse, i fondi si rivarrebbero sui nuovi crediti. In pratica, il diritto (americano) difende dal rischio i fondi speculativi e condanna gli stati. Allegria!
Richiamo e foto in prima sul Giornale: “Paghiamo noi il pasticcio kazako di Alfano”. L’espulsione nel maggio 2013 di Alma Shalabayeva e della figlia fu illegittima e il Viminale dovrà risarcirla, dice la Cassazione. Immagino ricorderete: l’irruzione di agenti in borghese nella casa della moglie di un dissidente kazako, l’ambasciatore di quel paese che la faceva da padrone nelle stanze del ministro dell’interno. Però l’allora premier Letta offrì il suo petto in difesa del ministro dell’interno Angelino Alfano e alle Camere fu impedito di votargli la sfiducia. Tutto regolare? No.
Il titolo “forte” di Corriere e Repubblica racconta invece la storia del tagliatore che sarà tagliato. “Cottarelli pronto a lasciare”, “Scontro con Renzi”. Il casus belli pare sia stato il pensionamento di 4mila insegnanti che rientrano nella famosa “quota 96” (61 anni di età e 35 anni di servizio oppure 60 anni di età e 36 anni di servizio). Il costo è di un miliardo e 600 milioni nel 2015, soldi di cui è stata annunciata la spesa prima che venissero recuperati con i tagli. “Carlo Cottarelli ha già un piede e mezzo fuori dalla porta”, scrive Federico Fubini. Lo sostituirà Yoram Gutgeld, deputato e consigliere economico del premier. E secondo Fubini, sono 16 i miliardi di euro che il governo dovrà recuperare con la manovra correttiva d’autunno. Ahi!
Stampa e Fatto si ricordano, infine, della battaglia di Palazzo Madama: “La riforma è in discesa”, “Si vota per tagliare i deputati. Renzi e Grasso nel terrore”. Ieri la Giunta per il Regolamento ha dato ragione a Pietro Grasso. Vero che la regola del canguro (che consente di tagliare con un solo voto tutti gli emendamenti troppo simili), prevista dall’articolo 85 del regolamento della Camera, è esplicitamente vietata dallo 85 bis per le leggi costituzionali, tuttavia in Senato l’aveva usata già Pera (“filosofo” portato alla Presidenza del Senato da Berlusconi) dunque Grasso, se necessario, poteva usarla. E il Presidente Grasso ha spiegato che “doveva” usarla per ragioni politiche, cioè perché questo gli chiedevano i capi gruppo di maggioranza.
Ieri erano in aula, oltre alla Boschi, le ministre Pinotti e Giannini e il sottosegretario, vicinissimo al Premier, Luca Lotti. E sono state caramelle: quota 96 per gli insegnanti, la legge elettorale sarà presto incardinata in Commissione Affari Costituzionali. Bastone contro SEL – mai più alleanze con vo i- pacche sulle spalle delle truppe fedeli, chiamate a obbedir tacendo. Pare che Renzi abbia chiamato di persona il decano Sergio Zavoli, il quale però lo avrebbe gelato: resto a votare perché ogni tanto ho bisogno di indignarmi.
Quanto al “terrore” a cui accenna il giornale di Padellaro e Travaglio, presto detto. Ieri, dopo le 23, Grasso ci ha concesso un inutile dibattito sulla eventualità di dedicare un paio d’ore dei lavori dell’aula alle crisi di Gaza e della Libia. Inutile, perché il Pd aveva deciso che non un minuto potesse essere sottratto alle riforme e che per la Mogherini bastava un’audizione in commissione. Perché tanta “cura” da parte del Presidente? I malpensanti dicono che la maggioranza preferisca affrontare, a occhi aperti, dopo qualche ora di sonno, il voto (forse a scrutinio segreto perché nel testo si accenna alle minoranze linguistiche) di un emendamento che intende ridurre a 500 il numero dei deputati. Si voterà dunque stamani. Vedremo.
Per il resto i giornali strapazzano Vendola, De Petris e l’ostruzionismo. Ricordo che Chiti aveva fatto il possibile per evitare un siffatto finale di partita. Ma voi sapete come la penso. Le personalità che la Seconda Repubblica ha lasciato in retaggio alla Sinistra più che “politici” sono sindacalisti o, se preferite, amministratori. Chiedono sempre qualcosa “in cambio”. Il sindaco premier se li mangerà uno dopo l’altro, sia quelli della sinistra-sinistra che gli altri della sinistra- centro, i quali, furbi, ora attendono l’Italicum.