Di Serena Fiorletta
Quando si dice femminismo, lo si nomina, vi si accenna, o si scrive sull’argomento la prima reazione è un pensiero al passato. Ovvero si pensa subito a quel femminismo, definito storico, che ha attraversato gli anni Settanta del Novecento. Quello che si fa più fatica a scoprire è che quel femminismo non si è mai concluso ma ha attraversato gli anni sino ad oggi con modalità differenti
Aggiungiamo inoltre che nel mondo della comunicazione attuale è un termine che viene usato di rado quando non in modo dispregiativo. Sembra essere ancora qualcosa che riguarda solo le donne e in più quelle vecchie femministe di cui non si vuole più (o ancora) sentir parlare.
Il femminismo ha attraversato diverse fasi e il tentativo di silenziarlo prosegue fino ai nostri giorni.
Inoltre, argomenti che riguardano le donne e le questioni di genere non fanno parte del cosiddetto mondo mainstream e forse sono anche poco attraenti per un ambito della comunicazione che ha persino problemi con il termine femminicidio o con l’uso della declinazione femminile per alcuni mestieri notoriamente e caparbiamente ritenuti maschili. Così come grandi difficoltà sono rappresentate dalle cosiddette questioni che ruotano attorno all’identità di genere.
Questioni oggi più ampie, profonde e complesse rispetto al passato e che i femminismi attuali affrontano quotidianamente.
Quindi, che senso ha oggi un libro sul femminismo?
Di cosa scrive Barbara Bonomi Romagnoli nel suo libro Irriverenti e libere, pubblicato da Editori Internazionali Riuniti?
Sulla storia del femminismo di libri ce ne sono vari ma una panoramica sul contemporaneo ancora non era stata fatta. Bonomi Romagnoli si immerge così in un recente passato arrivando all’oggi, raccontando, citando e collocando i lavori, la nascita, la scomparsa o le trasformazioni di gruppi, collettivi, realtà virtuali che in questi ultimi anni hanno costituito i femminismi del presente:“Dal Duemila in poi ho messo da parte volantini, mail, documenti, ricordi, interviste e appunti sparsi, convinta che queste storie difemminismi e movimenti di donne debbano diventare patrimonio comune. Sono esperimenti, a volte molto ben riusciti, a volte un po’ meno, pezzi di vita collettiva, frammenti di discussioni e confronti, parole e azioni sul territorio o il racconto di reti nazionali talora nate virtualmente sul web e spesso capaci di innovazione, soprattutto rispetto al linguaggio e al significato simbolico che nutre il senso comune”.
Il panorama è vasto e variegato e orientarsi non deve essere stato facile, l’autrice racconta di aver scelto due criteri per muoversi, dare la precedenza alle storie che non sono state sotto i riflettori dei media, o vi sono state in maniera marginale e “partire dalla mia esperienza personale condivisa con altre e rappresentativa – a mio modo di vedere – di percorsi che si intrecciano anche con situazioni internazionali e che esprimono forme di conflitto maggiore”.
Parte da sé l’autrice e questa è una pratica nota per le femministe, ma è anche complesso raccontarla o provare a restituire tale esperienza fatta da altre, poiché il partire da sé, andare dal personale al politico e poi ritornare è spesso un percorso accidentato: “Mettere nero su bianco la storia di queste esperienze aiuta a tesserne il filo comune che non è solo nella teoria/pratica femminista per cui ognuna deve partire da sé – l’eredità femminista più longeva- ma è anche nell’inquietudine persistente, nella precarietà esistenziale delle ultime generazioni di femministe, nel tentativo sempre molto faticoso di tenere insieme personale e politico”.
Un lavoro di tessitura quindi quello di Barbara Bonomi Romagnoli che mappa una realtà complessa che è fatta sopratutto di persone. Persone che si avvicinano, si allontanano, lottano, discutono, si trasformano, si vogliono bene, a volte no, che fanno della loro vita una pratica politica. Sopratutto questo libro tenta di raccontare le pratiche dei femminismi contemporanei, di dare voce a chi fa un’esperienza politica specifica ma che riguarda la complessità della realtà. Le parole e le pratiche del femminismo non appartengono solo a quest’ultimo. Non è infatti un caso che oggi si parli di femminismi al plurale. Le lotte e le pratiche sono molte e differenti e sono per tutti e tutte. Non solo per una parte di società, ma per un cambiamento che sia molto più ampio.
Il libro si fa leggere, come si suol dire, e farebbe bene leggerlo anche a chi pensa il femminismo non ci sia più, a chi crede di averlo creato, vissuto e concluso, a chi lo odia e a chi lo ama.
Per queste ultime sarà più faticoso, come può esserlo stato per me. In quel libro ci sono episodi vissuti, realtà conosciute o addirittura la descrizione del proprio collettivo, ci sono diverse cose sulle quali si avrebbe qualcosa da dire. O forse no. Perché è interessante non solo questa panoramica che restituisce spazio a tante realtà ma anche un’ottica posizionata che ti dice come qualcuna può aver visto le cose. O quali narrazioni ne sono state date. Resta il fatto che è una piccola grande impresa questo libro piccino, dal sapore nuovo e antico allo stesso tempo, come la casa editrice che lo pubblica. Interessante inoltre il lungo giro di presentazioni in tutta Italia che l’autrice sta facendo, forse dovrebbe raccontarci, in un prossimo volume, come le Irriverenti e Libere di cui ha scritto hanno accolto il suo lavoro.