Raccontato da un traversatore
Ci sono angoli del mondo che sembrano incantati, che fanno riflettere, emozionare, sorridere e tendere l’anima verso quelle semplici felicità che fanno sentire il corpo più vicino al mistero del sublime. Capo Peloro è una di queste terre. Ci troviamo nello stretto di Messina, pochi chilometri di mare dividono la Sicilia dalla Calabria. Davanti a noi acque colme di storia, miti, fantasie, correnti nate dallo scontro di due mari, lo Ionio e il Tirreno e venti che mescolano due culture lontane solo idealmente. In questo punto lo stretto di Messina raggiunge la minima distanza dalla Calabria, fra Cariddi (Capo Peloro, spiaggia di Torre Faro) e Scilla vi sono solo tre chilometri.
La spiaggia di Torre Faro è sicuramente la più suggestiva della zona. A pochi metri dalla riva la mitologia vuole che vi abiti Cariddi, mostro marino dalla grande voracità, dall’altra parte della costa, sul versante calabrese, ha invece dimora Scilla, originariamente bellissima ninfa trasformata in mostro per rifiuto d’amore.
Nella realtà i fenomeni che portarono la gente del posto a credere nella presenza di questi due mostri erano dovuti alla forma del fondale marino. Duemila secoli fa questo fondale aveva un forma conica molto più accentuata. Questa speciale conformazione faceva si che le forti correnti creassero dei veri e propri mulinelli che rendevano spesso impraticabile la navigazione portando nel peggiore dei casi al naufragio ed alla morte dei pescatori.
Oggi quel fondale è cambiato e questo fenomeno, seppur ancora presente, non è tuttavia forte come in passato. Questo tratto di mare ha però un’altra particolare peculiarità, può difatti essere considerato come la “passerella del Mediterraneo”. Ogni anno passano per lo stretto centinaia di specie marine: orche, squali, pesci spada, balene e tantissimi altri animali sfilano fra queste due terre regalando suggestioni che nessun altro mare è in grado di donare agli astanti.
Ed è proprio in questo tratto di mare che ogni anno decine di persone tentano l’impresa della traversata a nuoto dello Stretto di Messina. Quest’anno il sottoscritto ha provato a compiere l’impresa affidandosi alla Società Cooperativa Colapesce I e alla competenza suo presidente, Giovanni Fiannacca, detentore del record della traversata: 3 chilometri in 30 minuti e 50 secondi.
Si parte all’alba per raggiungere la spiaggia di Torre Faro. La partenza è prevista per le 9 del mattino non prima delle necessarie e importatissime spiegazioni dell’uomo di mare Fiannacca che dispensa consigli e accortezze per traversare nel migliore dei modi lo stretto. Insieme a me altri 18 nuotatori, per la maggior parte di loro, così come per me, è la prima volta che si affronta il mare aperto. Fiannacca divide i nuotatori in gruppi di quattro persone, in base alla preparazione atletica dei partecipanti. Ogni gruppo viene scortato da una barca, mentre lui a bordo della Colapesce I dirige quel valzer marino come abile maestro nel concerto più importante della stagione.
L’emozione sale. L’entrata in acqua è una sorta di battesimo in grado di mettere in comunione ogni singolo individuo con quel microcosmo. Poi arriva la partenza tanto attesa ed ogni altra cosa scompare. Rimani solo te, i tuoi compagni di viaggio ed il mare. Bracciata dopo bracciata lo osservi, cerchi di capire se la corrente è veramente dalla tua parte o se sta cambiando idea, scruti l’orizzonte marino per vedere quali pesci ti stanno facendo compagnia. L’acqua dopo pochi metri è già profonda, la luce riesce a penetrare solo per una decina di metri, nuoti nel blu e ti sembra di volare. I raggi del sole si fermano a metà, alcuni di essi sembrano tornare indietro mentre il rassicurante blu delle acque ti accoglie nel ventre del mare e ti dona la carica per andare avanti. La musica che accompagna l’incedere di ogni nuotatore è frutto della mescolanza del proprio respiro con lo scrosciare delle onde sui corpi e sulle imbarcazioni adiacenti.
I minuti scorrono veloci, chi avrebbe mai detto che invece ne sono già passati cinquanta? Ad un tratto sullo sfondo qualcosa cambia, il fondale della costa calabrese comincia a farsi sempre più nitido, è il primo segnale che la traversata è giunta al termine, poche bracciate e l’avventura è finita, ma proprio in quel momento, una volta riemerso dal mare, ti volti e guardando quella spiaggia da cui sei partito, capisci quale sia la vera bellezza del mondo e della vita.
Tornando in barca sulla spiaggia di Torre Faro rivivi le emozioni della traversata appena conclusa e il tuo cuore sembra innamorarsi ancora di più di quell’angolo di mondo che puoi capire veramente solo vivendo il mare come fanno ogni giorno gli uomini e le donne di Capo Peloro. Qui ogni cosa è perfetta così com’è, ci ha pensato la natura a regalare all’uomo prosperità per il ventre e pace per l’anima. Lo Stretto di Messina è uno dei tanti patrimoni che la nostra Nazione “Possiede” e che noi abbiamo il dovere di proteggere e preservare nel tempo, il primo passo da fare? Viverlo e rispettarlo!