Un personaggio allora sconosciuto che, negli anni del terrorismo in cui Aldo Moro venne prima rapito dalle Brigate Rosse, quindi tenuto in una prigione ancora indeterminata (i misteri continuano ad essere numerosi e ,forse, anche per questo motivo il nostro attuale parla mento tarda e discute ancora tanto, a 36 anni dagli avvenimenti, prima di decidersi a varare una nuova commissione d’inchiesta su quel tragico episodio che tanto rilievo ha avuto sulla storia successiva della repubblica (Moro, come è noto, dopo 58 giorni di prigionia, fu ucciso e fatto ritrovare in una via del centro di Roma ad eguale distanza dalle sedi dei due partiti maggiori, la Dc e il PCI ) viene interrogato finalmente dai giudici.
Soltanto nei giorni scorsi si è appreso che lo psichiatra statunitense, Steve Pieczenik, a quei tempi assistente del sottosegretario di Stato del governo americano e capo dell’Ufficio per la gestione dei problemi del terrorismo internazionale del Dipartimento di Stato, inviato dal governo di Washington in Italia(avrebbe pubblicato nel 2008 con il giornalista francese Emmanuele Amara un libro-intervista intitolato Abbiamo ucciso Aldo Moro, pubblicato dalle edizioni Cooper) è stato interrogato nel maggio scorso dal pubblico ministero della Procura di Roma Luca Palamara in Florida). La sua testimonianza non ha chiarito nulla di particolarmente rilevante sul rapimento e l’uccisione dello statista democristiano, dato che lo psichiatra americano ha sottolineato, da una parte, il fatto che la sua missione era quella di assistere il governo Andreotti nella gestione della crisi con l’intento- ha ripetuto il testimone- “di aiutarli nelle trattative relative ad Aldo Moro e stabilizzare l’Italia”. Il governo italiano del tempo aggiunse:” In una situazione in cui il Paese è totalmente destabilizzato e si sta frantumando, quando ci sono attentati, procuratori e giudici uccisi, non ci possono essere trattative con organizzazioni terroristiche….
Se cedi, l’intero sistema cadrà a pezzi.” La sensazione che ebbe Pieczenik non si allontanò da un simile scenario, visto che nulla ritenne di poter fare in nessuna direzione. Incalzato dall’interrogante Palamara che gli ha chiesto: “E’ vero oppure no che lo Stato italiano ha lasciato morire il presidente della DC?”, il medico ha risposto che “il governo italiano non era in grado di fare nulla”. Ed ha aggiunto: “Nessuno era in grado di fare qualcosa: né i politici né i pubblici ministeri né la struttura messa in piedi per combattere il terrorismo.” Ora mi chiedo: è possibile che il parlamento di un Paese libero e democratico possa accettare una simile, terribile diagnosi senza far nulla per spiegare quel mistero ancora irrisolto? E che i mezzi di comunicazione se ne disinteressino completamente? C’è da sperare che qualcuno risponda a interrogativi che sono sulla bocca di tutti quelli che ancora ricordano quell’Italia silenziosa e terrorizzata.