L’11 luglio del 1979 un killer al soldo di Michele Sindona, così come hanno decretato i tribunali della Repubblica, ammazzò a colpi di pistola Giorgio Ambrosoli, commissario liquidatore della Banca Privata. Ambrosoli non era una toga rossa e neppure un oppositore dei governi e dei gruppi dirigenti di quella stagione, anzi, politicamente parlando, poteva essere definito un conservatore, un monarchico liberale, un uomo delle Istituzioni.
Il dramma di questo “Eroe borghese“, per usare il titolo del bellissimo libro che gli ha dedicato Corrado Stajano, era che lui faceva coincidere le Istituzioni con il senso dello Stato, con il prevalere dell’interesse generale sui conflitti di interesse, con il rispetto della Costituzione, delle leggi, dell’etica pubblica e privata; coloro che lo circondavano praticavano, invece, la doppia morale e amavano contrattare con le mafie ed il malaffare.
Ricordare Ambrosoli, anche questo 11 luglio, non significa solo compiere un doveroso omaggio ad un “Eroe borghese“, ma anche ricordare a noi stessi che l’Italia cambierà davvero verso solo quando quelli “che se la vanno a cercare” saranno onorati più di coloro che “sono stati ricercati” da magistrati e poliziotti onesti.
* Fonte: da “Il Fatto Quotidiano”