Antonio Gramsci la chiamò l’Unità […unità di tutta la classe operaia intorno al partito, unità degli operai e dei contadini, unità del Nord e del Mezzogiorno, unità di tutto il popolo italiano nella lotta contro il fascismo…]. Il fascismo, 4 mesi dopo la fondazione della testata, uccise Giacomo Matteotti. La testata a febbraio ha celebrato i suoi 90 anni, ma a luglio è stata uccisa. Il 2014, non solo per gli affascinati dalla numerologia, dai corsi e ricorsi e dalle coincidenze, fornisce anche un’altra data degna di riflessione: 30 anni fa moriva Enrico Berlinguer.
Una breve rilettura della storia dei tre uomini è più che sufficiente, a chiunque, per capire che non aver impedito la chiusura di quel giornale equivale a sprezzante menefreghismo per la (sofferta) storia dell’unità del nostro Paese. Unità che viene ben prima del mero organo ufficiale del “partito comunista d’Italia”.
A parte le firme straordinarie che hanno onorato le sue pagine (giusto qualcuna: Gobetti, Pavese, Calvino, Vittorini, Quasimodo, Mila, Pasolini, Lorca, Hemingway ) certo è che poi, naturalmente, qualcosa di sinistra viene anche in mente soprattutto ricordando l’epoca dei girotondi quando Moretti urlò: “D’Alema dì qualcosa di sinistra!” ché se volevamo ascoltare qualcosa la si poteva leggere solo sull’Unità. Ma dopo il non dire si passò al non fare: tempi grami a rotta di collo.
E poi venne Renzi il divino (nel senso di piccolo divo) che mai come oggi avrebbe potuto giocarsi una carta preziosissima: impedendo la chiusura del quotidiano, per la prima volta dopo tanti anni, avrebbe dimostrato che finalmente era arrivato un segretario che almeno una cosa per la sinistra l’aveva fatta…