La giornalista, direttrice del Tacco d’Italia, ha ricevuto molti insulti per l’editoriale contrario alla proposta di istituire a Lecce un registro per gli embrioni
“Spero che tu possa morire, non prima di venire seviziata”. È soltanto una delle frasi minacciose rivolte a Maria Luisa Mastrogiovanni, direttrice del Tacco d’Italia, per un editoriale, pubblicato il 20 giugno, in cui esprime contrarietà alla proposta di legge di iniziativa popolare per l’istituzione di un registro anagrafico di feti ed embrioni. Minacce e insulti appaiono nei commenti all’articolo. La giornalista finora non ha presentato denuncia.
La proposta di legge è sostenuta da Alfredo Pagliaro, presidente del Consiglio comunale di Lecce. Pagliaro e il vicesindaco del Comune, Carmen Tessitore, reclamano anche “l’obbligatorietà al trasporto dei feti morti da parte della Asl e ad esumare i corpi nelle strutture cimiteriali, peraltro già pronte per questo tipo di soluzione”, come si legge dal comunicato stampa diffuso dal comune di Lecce il 19 giugno scorso. Fino a questo momento la Asl ha l’obbligo di incenerire i feti, a meno che le madri non vogliano seppellirli a proprie spese.
“Io ho fortemente criticato questa proposta difendendo la legge 194 che tutela l’interruzione volontaria della gravidanza”, spiega Mastrogiovanni, già più volte minacciata per le sue inchieste sugli interessi societari di una famiglia legata al clan Scarlino della Sacra Corona Unita.
“Si è aperto un grande dibattito a livello comunale sulla vicenda”, aggiunge. “Ma siamo al paradosso: per difendere i feti morti si augura la morte ai vivi”, commenta Mastrogiovanni.
La giornalista ha usato parole forti per esprimere il suo pensiero. “Ecco fatto il recinto dei figli di puttana. Il ghetto dei figli di stronze. Oppure dei mostri, dei diversi, di quelli che erano troppo deformi per condurre una vita normale”, ha scritto nell’editoriale. E ancora: “Immaginatevi poi gli antiabortisti a fare funerali a questi mucchietti di cellule, con frasi ad effetto sulla vita e l’amore negato”. Sono queste le espressioni più contestate del suo articolo.
Accanto agli insulti non sono mancati i commenti di disappunto e le testimonianze di donne la cui gravidanza è stata interrotta per cause naturali. “Ho dato spazio alle repliche di persone che in maniera civile mi hanno detto di non essere d’accordo”, spiega Mastrogiovanni. “Ho usato volutamente parole molto forti perché credevo che con l’uso del paradosso e dell’ironia riuscissi a far capire meglio la mia opinione. Non mi aspettavo assolutamente reazioni del genere, sono temi delicati che generano azioni violente”, conclude.
Solidarietà a Mastrogiovanni è stata espressa dall’associazione di giornaliste Giulia.
RR