Immagino il Papa che si rivolge ai suoi consiglieri con la voce di Crozza e lo stesso sguardo smarrito: “Parlano tanto di me. I giornali, le televisioni dicono ogni cosa che faccio. Voi credete che questo sia un bene per la Chiesa?”. Non conosco la risposta, credo di sapere, invece,perché lo fanno. Ne parlano sempre perché lo temono e lo temono perché non lo capiscono. Cercano di imprigionare ogni gesto in un rito noto, usano parole come umanità, autenticità, semplicità per convincersi che niente è fuori posto, e la Chiesa è sempre la Chiesa e il Papa, il Papa.
Invece quest’uomo piombato nella Curia, romana dalla fine del mondo è un Papa che fa politica. Sempre.
Sorvola Caserta in elicottero: “Che orribile sfregio”, lui lo sa ha visto crescere le megalopoli argentine, e i veleni accanto alle baracche pullulanti di bambini. Ha visto la “bellezza tutelata dai rifiuti” e dice “questa terra deve essere tutelata e preservata”. Dalla Camorra, dal Dio denaro. Nè dimentica i migranti, quelli come Thomas, di Castel Volturno: “«Noi non esistiamo. Ci sfruttano, ci schiavizzano, ci pagano una miseria per dodici ore di lavoro. Il lavoro qui non c’è. Il Papa queste cose le sa. Speriamo in lui anche per ottenere il permesso di soggiorno. Francesco è un grande papa. Anche se sono musulmano, lo considero come un mio fratello”.
Ieri, nella ricorrenza di Aid Al-Fitr, il vescovo di Mazara del Vallo, si è rivolto ai fedeli musulmani: “Alla fine del cammino di purificazione (il Ramadan) segnato soprattutto dal digiuno, dalla preghiera e dall’aiuto dei poveri, col cuore libero innalzate al Dio clemente e misericordioso…”
Papa Francesco vuole cambiare la Chiesa. I reclusi della ndrangheta disertano la messa? Alcuni preti si indignano per quella irrituale scomunica nei confronti di cattolici che, avranno certo peccato, ma non davano scandalo e lasciavano le loro offerte, e baciavano con devozione la santa? Bergoglio lo ha voluto. Perché peccato mortale non è dare scandalo è portare ai figli “il pane sporco”. La fede non appare, la fede ispira. Perché, senza ispirazione e senza consapevolezza del mondo, questa piccola-grande comunità di fedeli che resiste a Roma da duemila anni, si troverà accerchiata, e le mura del Vaticano crolleranno, come quelle di Gerico. E a chi teme che gli invasori saccheggeranno e stermineranno, il Papa risponde: non temete, cominciate a pregare con loro.
C’era nella preghiera comune che Francesco ha proposto a Peres e Abu Mazen la consapevolezza tutta politica che non ci sono formule per portare la pace in Palestina. E che invece il germe dell’intolleranza si può annidare nella Torah, nel Vangelo e nel Corano, o almeno nel modo con cui i fedeli leggono ciascuno il suo libro. Pregate insieme l’unico Dio, perché abbattendo l’altro credente ucciderete la vostra stessa fede, accogliendolo la sua preghiera sarà la vostra che porterete in trionfo. In fondo pregare è fare i conti con il passato e con il futuro. Fare politica, dunque. Ma non come chi porta la bandiera. Karol Wojtyla portava lo stendardo cristiano nel mondo. Immutabile e sacro come i secoli lo avevano consegnato. Francesco deve Chiesa nel mondo, Bergoglio porta il mondo nella chiesa. Costringe l’uomo di oggi a guardarsi intorno, oltre i confini dello stato e del suo benessere. E di guardare al passato, al senso delle parole dette e scritte per secoli. Per costruire futuro.
Non so se i cristiani capiranno. Se l’aria fresca che la provvidenza gli ha portato della fine del mondo farà bene alla Chiesa. O se prevarranno gli scribi e i farisei, intendo politici, giornalisti, cardinali, quelli che dicono e non fanno.
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