Tutto è cominciato dalla decisione del governo turco di abbattere Gezi, un piccolo parco al centro di Istanbul. Ma è stato in realtà soltanto uno spunto per una protesta popolare che si è sviluppata nel sangue in piazza Taksim, diventata il simbolo della rivolta. Scontri violentissimi proprio un anno fa con otto morti e migliaia di feriti. E nell’anniversario di quella tragica manifestazione è nuovamente esplosa la violenza, anche per il pugno duro annunciato (e adottato) dal premier Erdogan. La tensione è altissima. Non ci sono state vittime per ora, ma i feriti sono decine e più di cento gli arresti. Secondo i testimoni la polizia, oltre ai gas lacrimogeni, usa cannoni ad acqua e pallottole di gomma. Coinvolte tutte le principali città del Paese. Ad Ankara un fotoreporter italiano di origini campane ma da tempo residente in Turchia, Piero Castellano, mentre documentava la repressione è stato raggiunto da un candelotto lacrimogeno al fianco: niente di grave, per fortuna, solo contusioni e ustioni. Soccorso dai colleghi è stato medicato in un ambulatorio clandestino, perché negli ospedali pubblici è vietato prestare soccorso a persone ferite nel corso di manifestazioni. Adesso sta bene e ha raccontato nei particolari il clima di inaudita violenza che sta vivendo una popolazione già duramente colpita: “sparavano ad altezza d’uomo”, ha denunciato.
La scelta del governo di usare la maniere forti ha provocato anche una situazione paradossale a Istanbul. Un giornalista della Cnn, Ivan Watson, è stato arrestato durante una diretta televisiva. Mentre era in onda, un ufficiale della polizia lo ha interrotto bruscamente, tirandolo per la giacca e chiedendogli di mostrare tessera professionale e passaporto: “Sei un giornalista? – si sente gridare – Facci vedere il passaporto, il passaporto!”. Poi il corrispondente è stato portato via, mentre altri poliziotti hanno oscurato la telecamera. “Un agente mi ha anche dato una ginocchiata sul sedere”, ha scritto Watson su Twitter, aggiungendo di essere stato rilasciato dopo circa mezz’ora.
La situazione è molto delicata. Il gruppo Taksim Solidarity Platform, che aveva lanciato le manifestazioni dell’anno scorso contro il taglio degli alberi, non intende arretrare. Nonostante il nuovo deciso annuncio di Tayyip Erdogan: “tutti i manifestanti saranno arrestati”. Prove di regime.