“La retta via per affrontare seriamente la questione Rai ed evitare che una delle più grandi aziende culturali del Paese perda valore e diventi un’Alitalia bis è fermare ogni polemica, da parte di tutti; anticipare subito la discussione e contrattazione per rinnovare la concessione del servizio pubblico; depositare e calendarizzare, già da domani mattina, una proposta di legge che riformi la Rai. E quest’ultimo è un atto che non può fare di certo il sindacato”. Beppe Giulietti, portavoce di Articolo 21, è convinto che questo momento difficile possa essere trasformato in una grande occasione di cambiamento virtuoso non solo per la Rai ma per tutta l’editoria e che ci siano già “gli elementi per una seria e concreta riforma: sono chiari nelle parole dette ieri dal premier Renzi, che ha riportato al centro la questione dei fini culturali della Rai; e sono chiari nel documento di Fnsi e Usigrai che hanno palesato nuovamente la loro disponibilità a fare una riforma della Rai all’istante”.
Per Giulietti, insomma, concentrarsi sulla questione sciopero è vedere il problema dalla coda. E, in ogni caso, lo stesso sciopero, al momento fissato per l’11 giugno, stando alle dichiarazioni di Cisl e Usigrai, sembra suscettibile di revoca, nel caso in cui il governo convochi le parti per affrontare le questioni sul tappeto. Si tratta, in sostanza, delle 5 mosse in 60 giorni di cui oggi parla il segretario del sindacato dei giornalisti Rai Vittorio Di Trapani: rinnovo della concessione entro l’anno; nuove fonti di nomina; lotta all’evasione, canone sociale, riorganizzazione aziendale. Mosse che, in sostanza, vanno al cuore del problema e cioè la riforma del Servizio Pubblico.
Ecco perché secondo Giulietti le polemiche non servono: “la via limpida per dare consequenzialità alle parole dette ieri da Renzi è già nei fatti ed è, da un alto, quella di anticipare la discussione sul rinnovo, evitando che sia burocratico e facendo in modo, invece, che sia tutto incentrato sui fini del Servizio Pubblico e sulla definizione dei meccanismi che danno vera libertà editoriale alla Rai; dall’altro, depositare una proposta di legge su fonti di nomina Rai, risoluzione dei conflitti di interesse e normative antitrust, che di fatto non ci sono più”. Insomma, “c’è un percorso nei fatti già condiviso da tutti”. Quanto al prelievo dal canone di 150 milioni di euro nel 2014, Giulietti non si nasconde dietro a un dito: “Anche la Rai deve contribuire, certo, ma le modalità con cui si è scelto di chiederle di farlo lasciano perplessi. Una crisi della Rai si porterebbe dietro tanta parte del cinema, della musica, dell’editoria, dell’ambito tecnologico. Stiamo parlando di una delle più grandi imprese italiane che non è decotta e che ha raggiunto anche il pareggio di bilancio e sarebbe assurdo pilotarla verso un deprezzamento delle strutture e farle fare – ribadisce – la fine di Alitalia”. “Una Rai debole che torna in forte passività, una Rai distratta e che non è in grado di competere – prosegue Giulietti – è una Rai che premia alcuni interessi nazionali e internazionali. La Rai non è nelle condizioni di Alitalia – torna a bomba – ma si potrebbero creare”.
“Io penso che tutto questo dibattito sia stato preso dalla coda. E mi pare sia un errore continuare questa disputa sulle forme del canone. Legittimi gli appelli al sindacato a riconsiderare le ragioni dello sciopero – osserva – ma non comprendo per quale ragione non si riprenda la retta via e il governo non depositi immediatamente in Parlamento una proposta di legge di riforma per mettere fuori governi e partiti dalla gestione diretta della Rai, come ha detto lo stesso Renzi , e per ridefinirne la funzione, non solo industriale, ma culturale dell’Azienda.
“Sta per iniziare, a luglio, il semestre che vedrà l’Italia alla presidenza del Consiglio dell’Unione europea – evidenzia il portavoce di Articolo 21 – e vale la pena ricordare quante segnalazioni la commissione Ue e le principali agenzie che si occupano di libertà dei media abbiano, più volte ma vanamente, inviato all’Italia affinché risolva il conflitto d’interesse, metta a punto una normativa antitrust e liberi le autorità di garanzia e la stessa Rai dalle interferenze continue degli esecutivi di turno e dalle forze politiche. Prendo atto che il presidente del consiglio ha detto che è giunto il momento di togliere la Rai dal controllo dei partiti e dei governi e restituirla a cittadini e io sono d’accordo. Basta parlare solo di efficientamento, bisogna tornare a discutere dei fini del servizio pubblico. Si apra, quindi, un vero dibattito a tutto campo: non solo la Rai, ma l’intero sistema mediatico italiano è fermo a 20 anni fa”.