Chiudete gli occhi, per favore, solo un attimo. Chiudete gli occhi, concentratevi e quando li riaprite provate a ricostruire quanto sta accadendo in Iraq. Se siete riusciti in qualche modo a tener conto di tutto, dovreste ricordare che gli jiahdisti dell’Isis, cioè dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, hanno lanciato una offensiva militare che li ha portati alcuni giorni fa a conquistare due distretti poco distanti dalla capitale Baghadad, cioè Jalawla e Saadiyah. Ci sono riusciti, perché il nuovo esercito iraqueno – quello nato negli anni del dopo Saddam Hussein – si è squagliato, ha mollato praticamente senza colpo ferire.
L’avanzata degli integralisti ha spaventato gli Stati Uniti, che hanno minacciato di intervenire militarmente. La stessa avanzata ha messo paura anche all’Iran, Paese che ha combattuto per decenni l’Iraq. Ora, per bocca del presidente Rohani promette di aiutare Baghdad a combattere “il terrorismo e l’offensiva selvaggia dei miliziani qaedisti”. La medesima avanzata non ha invece creato problemi ai curdi che, anzi, hanno provveduto a loro volta a mettere in campo i loro migliori uomini armati, conquistando Kirkuk, città petrolifera del Nord appena fuori dalla loro regione autonoma. Lo hanno fatto perché – hanno detto – i soldati iraqueni erano scappati e quindi..
Fermatevi per un primo riassunto. Abbiamo gli jihadisti che hanno conquistato due province, utili secondo loro a creare un nuovo califfato e a ridisegnare i confini dell’Iraq. Abbiamo i curdi che hanno conquistato una città al di fuori della loro regione autonoma, ridisegnando a loro volta il profilo dello stato iraqueno. Nel mezzo abbiamo Stati Uniti e Iran che minacciano di intervenire – per una volta dalla stessa parte della barricata – per ristabilire l’ordine precedente. Vi basta? No, perché abbiamo da tener conto dei turchi, che si sono visti sequestrare dagli jihadisti 50 connazionali e promettono interventi armati. Poi, ci sono gli analisti internazionali, che accusano Arabia saudita e Qatar di essere dietro l’offensiva jihadista, di averla finanziata. Cisono anche 500mila iraqueni sfollati, in fuga dalle loro case nel tentativo di sopravvivere. C’è, infine, il prezzo del petrolio schizzato alle stelle.
Questa la situazione dell’Iraq al giugno 2014. Una domanda arriva diretta come un pungo: ma non ci avevano detto che laggiù la guerra era finita?
Ricordo chiaramente che ci hanno detto che in Iraq la democrazia era arrivata, che il popolo iraqueno era libero e liberato. Ci hanno garantito che laggiù, ormai, non servono eserciti di occupazione o di liberazione o di democratizzazione, comunque li si voglia chiamare, perché ormai tutto è pronto per un moderno e progressista autogoverno.
Ricordo tutto questo leggendo ed ascoltando le notizie che arrivano dall’Iraq. Mi rendo conto che una guerra nata dalla menzogna – le mitiche armi di distruzione di massa di Saddam Hussein – non può che generare menzogne all’infinito. E in questo oceano di bugie, ognuno trova giustificazione alla propria violenza. Tutti sono pronti ad imporre, armi in pugno, la propria verità: i portatori di democrazia occidentale, come i costruttori di califfati o i partigiani dell’autonomia, i religiosi, gli affaristi. Ad annegare, come in ogni guerra, sono i soliti, quelli costretti a fuggire per non morire.