“Ci siamo andati tante volte vicini alla pace, ma il maligno lo ha impedito” ha detto il papa. E come? Sotto abiti religiosi? In parte sì, visto, in primis, che la stagione dei kamikaze è stata “islamizzata” da Tehran e che molte colonie sono state giustificate da letture bibliche.
Ora le religioni devono guardarsi allo specchio e fare un serio esame di coscienza: instumentum regni? Se abbandonate ai fanatismi sì; i fanatici le sanno piegare ai loro disegni egemonici.
Ma anche Peres e Abbas si saranno guardati allo specchio: i nazionalismi ai quali hanno aderito da decenni hanno molto da rimproverarsi.
Basta parlare di “nazioni”, parlare invece di STATI, ecco la sfida.
Ecco perché anche il cristianesimo ha di che indagare su se stesso. Buona parte della retorica nazionalista araba è stata cristiana, nella speranza che la “nazione” coprisse la “religione”.
Ora papa Francesco sembra gettare un sasso negli stagni, nazionalisti e religiosi. La pace si fa INSIEME, questo il grande messaggio giunto dal Vaticano.
Insieme vuol dire INSIEME, in un fronte unico, sapendo che i nemici della pace, i fanatici, gli egemonici, i teocratici, hanno agende diverse unite da un obiettivo comune: affossare la pace. Chi la pace la vuole deve dunque agire congiuntamente, creare un lessico comune, un movimento comune a israeliani e palestinesi, a arabi e israeliani, a ebrei, cristiani e musulmani.
Sembra questa la sfida del giardino di papa Francesco, un giardino dove finalmente si prega INSIEME ognuno il proprio Dio. Legittima una domanda: c’è un rischio “sincretista” in tutto questo? Sì! Anzi, speriamo di sì! Perché la pace o è “sincretista” o non é.