di Pierpaolo Romani
Partiamo dai fatti. La Procura della Repubblica di Verona ritiene di aver trovato le prove che dimostrano come un imprenditore della provincia, che da dieci anni risulta pressoché sconosciuto al fisco italiano, sia in realtà il possessore di un patrimonio stimato in più di trecento milioni di euro. Raccolte le prove, si è celebrato il processo e, alla fine del primo grado di giudizio, la Corte ha assolto il sospetto evasore fiscale. La Procura, tuttavia, non si è arresa e, in base alla normativa prevista dal Codice delle leggi antimafia, ha chiesto la confisca del patrimonio. Pratica già messa in atto, e con successo, dalla Procura di Lanciano due anni fa. A difendere questo imprenditore che, ripetiamo, negli ultimi dieci anni, insieme alla moglie, ha presentato dichiarazioni dei redditi da poveracci, ci sono illustri principi del foro veronese e milanese, la cui riconosciuta competenza avrà certamente un costo non irrilevante che si fatica a comprendere come saranno onorati.
Il vizio di non pagare le tasse è purtroppo piuttosto diffuso nel nostro Paese ed esso genera gravi conseguenze sia dal punto di vista economico che sociale. Sono circa 180 i miliardi sottratti annualmente al gettito del fisco italiano secondo le ultime statistiche ufficiali. A questi dati, si aggiungano quelli sui primi cinque mesi di quest’anno forniti dalle Fiamme gialle, in cui si legge che sono stati scoperti 3.070 evasori fiscali totali e sono stati sequestrati 460 milioni di euro oggetto di evasione fiscale. In Veneto, nel 2012, la Guardia di Finanza ha scovato 671 evasori totali e circa 5 miliardi di euro sottratti al Fisco.
L’evasione fiscale è la madre di tutti i reati economici, a partire dalla corruzione, com’è emerso anche dall’inchiesta sul Mose. Non pagare le tasse è una scelta razionale che una persona o un’impresa compie per avere maggiori risorse economiche a disposizione. L’evasione comporta effetti negativi sull’equilibrio finanziario di un paese, aumenta la pressione fiscale, produce e accentua la disuguaglianza sociale, altera la concorrenza sui mercati e la distribuzione del reddito tra le famiglie, inficia un’efficiente allocazione delle risorse e, infine, colpisce sensibilmente la cultura dell’etica pubblica e la coesione sociale.
A cosa servono le tasse? A rendere disponibili i servizi pubblici (scuole, ospedali, trasporti, ecc.), a costruire e a mantenere i beni comuni. In poche parole, le tasse servono a garantire i diritti fondamentali dei cittadini. Se vogliamo che ci siano riconosciuti i diritti, dobbiamo adempiere ai nostri doveri. Chi non paga le tasse, non solo viene meno ad un dovere, ma tradisce il principio di fedeltà alla Repubblica e alle sue leggi prescritto dall’articolo 54 della Costituzione. In un momento storico in cui tanti italiani stanno facendo enormi sacrifici è necessario porre la lotta alla evasione fiscale, alla corruzione e alle mafie al centro dell’agenda politica e di governo. Lì, infatti, si trovano le risorse per ripianare il nostro debito pubblico, per affrontare la crisi e per rilanciare, anche economicamente, il nostro Paese.
Insieme ad un miglioramento dell’apparato repressivo, su cui occorre investire risorse (e non tagliare), soprattutto in materia di controlli, è necessario semplificare la normativa che regola il fisco italiano, favorire l’utilizzo della moneta elettronica, rendere tracciabili i pagamenti, velocizzare la giustizia, garantire la certezza pena, bandire qualsiasi ipotesi di condono. Agli evasori fiscali, così come avviene per i mafiosi ed i corrotti, è necessario confiscare i beni e il denaro illecitamente accumulati e restituirli alla collettività. Infine, bisogna investire molto sulla prevenzione, il che vuol dire soprattutto una cosa: educazione e scuola. Solo formando cittadini consapevoli e responsabili potremmo concretamente pensare di prosciugare l’acqua dentro la quale nuota e si alimenta il pesce della cultura del malaffare e dell’illegalità. Essere evasori fiscali non può essere un vanto, ma deve diventare una vergogna.