Il percorso accidentato della responsabilità sanitaria e della sua assicurabilità sembra ad un punto morto, lasciando senza risposta innumerevoli quesiti. Basta appena abbozzare il quadro della situazione per rendersi conto di quanto la materia sia accidentata e delicata, con ricadute pesanti sia per gli operatori che per i cittadini. Negli ultimi due anni la med mal (medical malpractice) è stata al centro del faticoso iter di attuazione della controversa Lagge Balduzzi (n° 189, 8 novembre 2012), e, contemporaneamente, oggetto di numerosi (se ne contano almeno sei tra Camera e Senato) disegni di legge che vorrebbero ridisegnarne i confini, quasi tutti aventi come comune denominatore l’assicurazione obbligatoria per le ASL che, nella pratica, è di difficile se non impossibile attuazione.
Le compagnie assicurative ritengono infatti poco profittevole assicurare il rischio clinico in Italia, proprio per l’insostenibile rapporto sinistri/premi. Va da sé che, non essendo obbligatoria una copertura, il regime dell’autoassicurazione sia la corsia preferenziale scelta da circa il 60% delle Asl che, se a casse vuote, semplicemente non risarciscono i danni cagionati agli utenti, anche a fronte di sentenza di condanna da parte di un Tribunale.
Dall’altro lato, questa prateria diventa scenario di facili scorribande finanziarie. Ovvio che si instauri un monopolio del settore gestito dalle poche società che si lanciano alla conquista di un territorio disertato dai più. E’ il caso dell’americana AM-Ttrust, finita recentemente sotto i riflettori per presunti rilievi sulla sua contabilità da parte di alcuni analisti di Wall Street, confutati però da altri esperti. Secondo questi rumors, il gruppo guidato da Barry Zyskind che in Italia è arrivato a gestire in soli tre anni il 60% delle polizze nel settore della sanità pubblica per un totale di oltre 400 milioni di euro, avrebbe escogitato il delitto perfetto.
La compagnia, quotata al Nasdaq di New York e che nel 2012 ha totalizzato premi per 2,7 miliardi di dollari, è sbarcata in Italia nel 2009, puntando, inizialmente, al mercato delle Rc auto, per poi mirare a quello sanitario, dove si sarebbe imposta riuscendo a vincere gran parte delle gare d’appalto grazie a offerte fuori mercato. E fin qui nulla di nuovo. Se non fosse che, secondo quanto sarebbe emerso dalle indagini delle autorità statunitensi, la società, non solo imporrebbe franchigie elevatissime così da non risarcire quasi mai i sinistri, ma rivenderebbe quel 20% di rischio di cui si fa carico a finanziarie con sede in paradisi fiscali controllate dalla stessa casa madre. Insomma, il solito giochino delle scatole cinesi che rischia di vanificare la stragrande maggioranza di azioni risarcitorie avanzate dai cittadini vittime di errori medici. Infatti, se da un lato l’auto assicurazione si è rivelato un flop colossale (anche a causa delle nuove disposizioni sulla tenuta e la certificazione dei bilanci regionali che rendono difficile l’accantonamento dei fondi rischi), preoccupante appare la discesa in campo di funamboliche compagnie assicurative che schivano, sistematicamente, ogni confronto extragiudiziale, costringendo i cittadini a sobbarcarsi i costi e lo stress di lunghi processi, anche in caso di conclamato errore.
Personalmente, nella mia qualità di un’associazione che tutela le vittime di errori medici, ho tentato un confronto extragiudiziale con l’AMTRUST in centinaia di occasioni, senza alcun risultato. In particolare, nei casi di sinistri di importo maggiore ai 150 mila euro (quindi eccedenti la franchigia e che dovrebbero essere liquidati dalla compagnia) la AMTRUST… semplicemente sparisce, non rispondendo ad alcuna comunicazione (telefonate, fax, mail) anche a fronte di perizie positive di propri medici legali, incaricati di valutare la sussistenza dell’errore. Ora, visti i tempi delle cause civili in Italia, e visto che le prime polizze nel settore sanitario sono state stipulate da questa compagnia non più di tre anni fà, non possiamo prevedere cosa succederà dopo la sentenza, ma le premesse non sono rassicuranti.
E la nostra preoccupazione cresce insieme a quella di tutti i danneggiati, per le ragioni che abbiamo appena esposto. Non risulta dunque capzioso interrogarsi sui futuri indirizzi politici ed economici, stante la centralità del sistema sanitario e della sua sostenibilità. Occorre agire. Ed occorre farlo subito.