“Che cos’è, del resto, la normalità?

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L’omofobia è una delle tante assurdità del ventunesimo secolo.

Quello che è successo recentemente in Ascoli, ad esempio, ci sconvolge e ci confonde. Evidentemente quei valori che davamo per acquisiti – visto che si è tanto lottato soprattutto durante il secolo scorso perché si affermassero all’interno della società – si stanno già dissolvendo come le scene di un film muto passato di moda. A nulla sono serviti i moti di Stonewall e la nascita della Gay Pride Parade e Harvey Milk a San Francisco. Che poi, rivenendo ai giorni nostri, in Francia poco fa si è celebrato il primo matrimonio tra due persone dello stesso sesso mentre nel nostro Belpaese non vengono ancora riconosciute le coppie di fatto. Sarà forse la persistente influenza dello Stato Vaticano che si pone al centro geografico di uno Stato, di una mentalità tutta provinciale, precludendo sbocchi alternativi ai quesiti morali della nostra società. E in un clima pressoché medievale dove la diversità viene oscurata e si dà adito all’apparire, ciò che predomina è la paura. Tante volte è la paura di amarsi, la paura di fronte alle convenzioni, etichette prestabilite, una morale macchiata di pregiudizi. Sono piaghe, queste, che infettano soprattutto i soggetti più giovani, che si manifestano in forme più avanzate in quelli più sensibili con conseguenze devastanti come l’isolamento o in casi più estremi la fine di un’esistenza – come accadde lo scorso anno in un liceo di Roma, dove un ragazzo, schernito costantemente per la sua omosessualità, disperato, si gettò dalla finestra. Eppure si sono ormai affermate a livello mondiale le associazioni LGBT che già nel XIX secolo erano germogli e dopo le battaglie degli anni ‘60 del XX secolo sono sbocciate con i loro slogan arcobaleno, ribadendo ogni anno le loro rivendicazioni al Gay Pride –  quest’anno sarà a Tel Aviv il prossimo 13 giugno.
Come è possibile, sulla base di un contesto moderno in continua avanzata verso il progresso tecnologico, di un mondo ormai senza barriere, regredire a tal punto, calpestando un diritto inalienabile quale l’amore? Non esiste logica per giustificare l‘insormontabile paradossalità di tale confronto .
Se due individui di qualsivoglia genere sono animati da un sentimento tanto nobile e sincero perché, dunque, condannare il loro legame affettivo o definirlo contro natura?
Forse perché è al di fuori del concetto ordinario di “normalità”, termine di cui si fa (ab)uso che di per sé non racchiude alcun significato.
Avendo, poi,  oltrepassato ormai da parecchi secoli lo stato di natura – almeno si spera -, l’uomo civilizzato non ha forse superato quello standard di rapporto umano finalizzato alla procreazione ed alla sopravvivenza della specie? Se così non fosse e l‘istinto predominasse i nostri sensi, dovremmo ritenerci pure bestie.
Non si tratta nemmeno di tolleranza, quindi, quando si parla di omosessualità, bensì di parità vera e propria. Ed il vero raggiungimento di una situazione paritaria si ha solo eliminando le distinzioni.”


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