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Rai, una bussola a Renzi

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ARTICOLO21 (Circolo di Napoli) Non 150, ma 300 milioni la maggioranza di governo pretendera’ dalla Rai. Il servizio pubblico dovra’ portare i libri contabili in Tribunale. Perche’ il raddoppio ? Semplice, la nuova tangentopoli che si prospetta con gli arresti per il caso Expo non viene trattata nei programmi dell’azienda di viale Mazzini nella maniera in cui chi comanda si aspettava. Dunque sipario su un pezzo di storia d’Italia.
Naturalmente è uno scenario di fantasia, al momento non e’ assolutamente così, ma quando si scrive senza usare la grammatica e la sintassi, che in un Paese democratico si chiama Costituzione, tutto puo’ essere possibile, e la lead-bufala e’ solo la cartina di tornasole, che spiega col paradosso dove si possa arrivare se svanisce, sotto il ricatto economico, il sogno di un’informazione che sia, come esige la democrazia, un potere di controllo. Se Renzi si comporta come il Marchese del Grillo. E chi si oppone rischia pure la gogna come Aronne Piperno, perche’ passa come un conservatore che col suo comportamento costuituisce ostacolo ad una misura equa, quale ritengo sia quella degli 80 euro. Regalerei, pero’, una bussola al Premier, per aiutarlo a trovare, orientandosi, la direzione giusta del verso del cambiamento. Si puo’ arrivare allo stesso risultato economico senza stravolgere un principio di autonomia, che sono certo un giudice a Berlino riaffermerebbe. Ma quando ? E dopo quali conseguenze ?
Parto da un presupposto, la Rai deve e puo’ cambiare. Deve mutare tanto e anche in fretta. Non scrivo qui come possa farlo perche’ credo nel rispetto delle regole e da dipendente (non attualmente rappresentante sindacale) di viale Mazzini non stresso piu’ di tanto il mio diritto di esprimere l’opinione di cui all’articolo 21 della Costituzione, anche perche’ qui la mia ricetta non rileva.
Proviamo a vedere con quali strumenti Renzi possa arrivare allo stesso risultato economico, senza rendere la Rai la tv dei poveri e senza stravolgere un principio di autonomia.
Ritengo possa farlo giocando la partita a 360 gradi. C’e’ una concessione da rinnovare nel 2016, ma nulla vieta che lo si faccia prima (anche perche’ l’anno prossimo scadono i vertici aziendali). Ricordo che il segretario dell’Usigrai, Di Trapani ha gia’ fatto una richiesta in tal senso. Come i contratti anche le leggi costituiscono, modificano, estinguono, dunque il problema non si pone. Si puo’ fare subito.
Sullo stesso tavolo inserirei anche altre tre partite:
1) quella sulla legge di governance,superando la Gasparri, liberando la Rai dai partiti e restituendo l’azienda ai cittadini. Via subito i costi della politica da viale Mazzini;
2) quella sulla certezza di risorse, il canone non e’ un tabu’,un meccanismo automatico che finanzi preservando l’autonomia della Rai (che il decreto 66 viola ), si’ ; dunque si sciolga questo nodo. Via subito i costi dell’evasione fiscale;
3) quella sulla natura giuridica. Rai non puo’ essere, infatti, “organismo di diritto pubblico”, come si puo’ pretendere che un soggetto che opera in concorrenza, imperniando il suo core business su creativita’ e innovazione tecnologica, applichi il codice degli appalti?
Via subito i costi della burocrazia. Scommettiamo che alla fine di tutta la manovra escono fuori anche 300 milioni, come nella provocazione iniziale? Si puo’ fare, naturalmente se l’obiettivo vero e’ solo ottimizzare e fare cassa, se poi c’e’ sotto qualche inciucio in salsa di conflitti d’interessi, allora nessun ragionamento servira’.

* Carlo Verna, portavoce circolo Articolo21 Napoli


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