Un vuoto pieno di senso. A metà anni Novanta si dipanano le vicende di un gruppo di giovani appena usciti dall’università e che devono affrontare il mondo “adulto” delle relazioni di lavoro e di potere. Un continuo contraddittorio tra questi ragazzi, cresciuti negli anni Ottanta, e alcuni loro amici che invece hanno vissuto gli anni di piombo, è sostanziato da dialoghi serrati, nel corpo a corpo con una città, Padova, che porta i segni fisici e umani di una profonda trasformazione sociale, che ha interessato l’Italia dal sogno degli anni Sessanta in poi.
Laura Lauzzana usa un tratto netto e denso, fortemente letterario e senza compromessi di facile trama, per tracciare un confronto non solo tra generazioni ma anche tra miti giovanili, visioni del mondo che si oppongono e si attraggono, e questo si compie soprattutto attraverso la figura della giovane protagonista, Alice, che cerca una sintesi tra elucubrazioni mentali e vicende sentimentali tormentate. Alice, nell’inconsistenza di qualsiasi punto di riferimento, si ritrova in un disagio errante che non favorisce nessun approdo e le fa attraversare i mondi dell’arte contemporanea, e dei suoi mercanti, della moda e del marketing. Da contrappunto è la ricerca di senso di questi giovani inattuali che, insieme agli amici più adulti, tentano di difendersi dall’assedio di una società dello spettacolo invasiva. Un romanzo che descrive come una spettacolarizzazione della vita abbia dato forma a un nuovo tipo antropologico, sempre più distante dal reale e suggestionato dall’artificio.
Un narrare che non pretende verità, ma che trasuda il tragico errore di chi ha smesso di lottare. Una pacificazione sembra possibile solo quando l’anima è stata esposta al travaglio. Una pace che non potrà mai essere omologazione.