E’ di questi giorni la notizia di un quindicenne che ha volato nel vano carrello di un Being 767 dalla California alle Hawaii rimanendo vivo, ma solo adesso si sa che è un ragazzino somalo che voleva recarsi in Africa a cercare la madre. E’ una vicenda commovente e rafforza il valore dei ricongiungimenti familiari previsti anche dalla legge italiana.
Il giovane si chiama Yahya Abdi e viveva col padre Abdilahi Yusuf Abdi dal 2006 a Santa Clara, in California, assieme ai due fratelli Yassir e Najma ed ai tre figli che il padre aveva avuto dalla seconda moglie Sainab Abdi.
Abdilahi Yusuf Abdi aveva detto ai suoi primi tre figli che la loro madre era morta durante un bombardamento missilistico a Mogadiscio, ma Yahya aveva scoperto che non era vero già due anni fa attraverso la comunità somala locale.
La vita a Santa Clara, dove il padre guidava un taxi, non era felice. Le informazioni raccolte soprattutto dal Daily Mail e da Voice of America spiegano che Sainab Abdi curava molto più i suoi figli biologici rispetto ai figli del precedente matrimonio di Abdilahi Yusuf Abdi e, dopo una lite avvenuta in famiglia venerdì scorso, Yahya era uscito di casa dirigendosi, alla fine, verso il Mineta San Jose International Airport. Qui protetto dalla notte dopo aver scalato la recinzione si è infilato nel vano del carrello di un Being 767 della compagnia aerea hawaiana e, dopo un volo di cinque ore, è atterrato al Kahului Airport di Maui miracolosamente ancora vivo.
Quando è stato ritrovato dalle autorità portuali hawaiane, stordito ed emaciato, ha detto di aver cercato di tornare in Somalia alla ricerca della mamma.
Quest’ultima, di nome Ubah Mohamed Abdullahi di 35 anni, è stata rintracciata telefonicamente nel campo profughi Sheed-Dheer in Etiopia e ha detto che il marito l’aveva lasciata nel 2000, si era risposato ed era migrato negli Stati Uniti separandola definitivamente dai tre figli. Ha detto di essere già impegnata giudiziariamente per ricongiungersi a loro di cui conosce la vita infelice con il padre e la matrigna ed ha invitato Yahya ad avere pazienza e a non porre in essere altri comportamenti capaci di mettere a rischio la sua vita.
L’impresa di Yahya ha del miracoloso perché, secondo l’Agenzia FAA interpellata in argomento dal Daily Mail, sui 94 voli di cui si ha notizia, affrontati da 105 clandestini nei vani carrello degli aerei in tutto il mondo dal 1947, solo circa uno su quattro è sopravvissuto alle temperature di molto sotto lo zero ed alla rarefazione dell’ossigeno.
Ora Yahya è affidato alle cure dei Servizi per il benessere dell’infanzia di Maui in procinto di essere ritrasferito in California dove l’attendono i compagni di scuola, esterrefatti dall’impresa del loro compagno – descritto come un po’ introverso, ma intelligentissimo – e una famiglia che avrà molto da meditare al suo interno, tanto più che il ritrovamento di Yahya è avvenuto dopo 36 ore di assenza senza che nessuno ne avesse segnalato l’allontanamento da casa alla polizia.
Ma la storia di Yahya ha molto da insegnare anche sotto altri aspetti.
Innanzi tutto emerge la solidità dei rapporti all’interno della comunità somala mondiale. Dovunque si vada per il mondo, tutti i somali sono tra loro uniti da un cordone indissolubile che, pur nelle continue divisioni e distinzioni, li mantiene integrati gli uni agli altri, rintracciabili dai vertici delle multinazionali al più remoto campo profughi. E’ un valore sul quale tutti i somali dovrebbero puntare per la ricostruzione del loro paese d’origine.
Yahya ha poi fatto puntare il faro dell’attenzione mondiale sull’importanza dell’istituto del ricongiungimento parentale a tutela degli affetti familiari che costituiscono ancora e per tutta la collettività umana il valore più importante per la formazione della personalità dell’individuo. Un istituto giuridico certamente da salvaguardare e, anzi, sviluppare.