E’ difficile smettere di parlare del due volte ministro Claudio Scajola, già in galera per un’accusa pesante come quella di aver negato (malgrado i suoi compagni di partito e di coalizione come l’ex ministro degli Interni Roberto Maroni e l’ex ministro del Lavoro Maurizio Sacconi e il direttore genera le di Confindustria Stefano Parisi l’abbiano messo nei guai, ricordando che aveva revocato la scorta al giuslavorista Marco Biagi a pochi giorni dal suo assassinio sotto casa a Bologna la sera del 19 marzo 2002. Peccato che, dall’archivio del suo segretario personale Luciano Zocchi siano venuti fuori due documenti impressionanti: le 61 pagine con cui la procura di Bologna archiviò nel luglio 2003 l’indagine e le 57 pagine dell’inchiesta interna affidata dal ministro al prefetto Sorge(ma anche il capo della polizia Parisi era al corrente di quello che stava per succedere).
Da quei documenti, in un momento come quello che attraversava l’Italia, che- dopo l’11 settembre del 2001- negli Stati Uniti, era rimasta terrorizzata per l’offensiva qaedista che aveva costretto a cambiare tutti i sistemi di sicurezza. Scajola aveva tagliato tutti i sistemi di scorta, secondo una logica che i magistrati hanno definito “un’applicazione burocratica delle direttive sulla base di esigenze ragionieristiche”. I magistrati dicono ancora che il 19 marzo è successo esattamente quello che doveva essere previsto ed evitato , visto che erano stati informati che,” di fronte a un servizio di scorta ,le BR avrebbero cambiato obbiettivo.” Ma se Scajola fosse responsabile soltanto di questo reato di omissione (senza dimenticare che la vicenda contempla, in maniera inevitabile, responsabilità aggiuntive per il Ministero dell’Interno e per la polizia , le cose per l’ex ministro potrebbero in qualche modo aggiustarsi a livello processuale. Ma la nuova imputazione emessa dalla Procura di Reggio Calabria che gli hanno contestato i pubblici ministeri Giuseppe Lombardo e Francesco Curci, coordinati dal procuratore capo Cafiero de Raho, attribuendo a lui e all’ex parlamentare del suo stesso partito Amedeo Matacena, l’aggravante mafiosa e il loro inserimento in un circuito criminale in ambito ndranghetista (Matacena risulterebbe addirittura come punto di riferimento della cosca dei Rosmini) è alla base dell’imputazione molto più grave di omicidio per omissione. Eppure la carriera del politico era stata rapida e per certi aspetti eccezionale giacché era il figlio del fondatore della Democrazia Cristiana di Imperia, legato addirittura ad Alcide De Gasperi ed aveva avuto come padrino un esponente importante del partito come il più volte ministro Paolo Emilio Taviani. Nell’ottobre 1982 era divenuto a 34 anni sindaco di Imperia ,il più giovane in un capoluogo di provincia. Si era poi dimesso dopo un anno di mandato per sospettato di aver favorito il cognato per un posto di primario ma nel 1988, accusato di aver percepito tangenti e arrestato dal procuratore di Milano Pier Emilio Davigo fu prosciolto in quanto considerato “estraneo ai fatti”.
Dopo 71 giorni di carcere a San Vittore a Milano, fu prosciolto “perché il fatto non sussiste”. Nel 1995 con la lista centrista “amministrare Imperia” si ricandidò e diventò sindaco di una giunta di pentapartito. Nello stesso anno aderì a Forza Italia e l’anno dopo venne eletto deputato nel collegio uninominale di Liguria 2 d’Imperia della coalizione Polo per le Libertà guidata da Silvio Berlusconi con 35.443 voti (44,7 %9. E’stato membro del Consiglio Direttivo di Forza Italia. Fu Paolo Emilio Taviani ad essere il mentore di Scajola e lo ha anche raccontato.” Nell’autunno del ’95 andai a trovarlo per consultarlo per una decisione che dovevo prenderlo a breve. Dopo la caduta della DC mi ero candidato a Imperia con una lista civica terzopolista. Grande successo al primo turno, ma la divisione dei moderati favorì la vittoria della sinistra. Ora si avvicinavano le le probabili elezioni politiche. Berlusconi mi corteggiava… Che fare? Smettere di fare politica o seguire Berlusconi con Forza Italia? Lui mi guardò fissandomi, poi rispose:” Mi pare che questa sia per te l’unica scelta possibile”. E proprio in seguito alla scelta che, diventato deputato, iniziò il mio percorso politico romano.”
Non è qui il caso di ricordare le tappe, abbastanza note, della carriera politica dello juncu ma vale la pena di ricordare almeno che Scajola era ministro dell’Interno proprio quando si tenne a Genova il G8 e che nel febbraio 2002 dichiarò di aver autorizzato la polizia ad aprire il fuoco in caso di ingresso dei manifestanti nella zona “rossa”(” fui costretto a dare ordine di sparare se avessero sfondato la zona rossa”). Scajola poi ritrattò quello che aveva dichiarato ma l’Italia per quelle violenze venne condannata da Amnesty Internazionale e deplorata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.