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Roveri: «Sentenza che condanna con chiarezza i boss»

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di Rino Giacalone

Non è un caso se oggi vogliamo tornare a parlare di Mauro Rostagno, del suo delitto antico di 26 anni, della sentenza che ha condannato per la sua morte due boss mafiosi, Vincenzo Virga e Vito Mazzara. Oggi è il terzo anniversario della morte del nostro ex direttore, fondatore di queste pagine, Roberto Morrione: fai ciò che devi accada quel che può, era la frase con la quale si presentava ai giovani, ai colleghi, quando li incontrava e spiegava il mestiere del “cronista”. Mauro Rostagno era della stessa pasta, il cronista a Trapani lo faceva così, con questo motto che applicava ogni giorno. E lo faceva in una città dove in quegli anni si negava l’esistenza della mafia: “Trapani – ricorda Chicca Roveri, la compagna di Mauro Rostagno – era la città in cui il sindaco e il procuratore della Repubblica dicevano che la mafia non c’era. E lo spiegavano pure: Perché qui non si celebra alcun processo di mafia” . “Essendo una persona intelligente e coraggiosa era vicino a capire molte cose che in realtà non si volevano capire perché a Trapani la mafia non c’era, non c’era quando nel 1983 fu ammazzato Ciaccio Montalto, non c’era nel 1985 negata davanti ai corpi straziati dei gemellini Asta e della loro mamma, non c’era in quei giorni del 1988 quando furono ammazzati in sequenza il giudice Giacomelli, il giudice Saetta e infine anche Mauro…tutto è diventato chiaro del perché di tutto questo durante il processo, basta leggere le deposizioni dei carabinieri che indagavano…Chi ha voglia di ridere un po’ può leggere le loro dichiarazioni “.

Processo lungo e difficile. “E’ stato un processo molto difficile, soprattutto perché pesavano ventisei anni di depistaggi, che erano scattati subito dopo l’omicidio. Ma adesso la corte d’assise di Trapani ha fatto chiarezza, e ha emesso due condanne chiarissime”. “Non ci sono stati solo depistaggi da parte di chi doveva fare le indagini. Ci sono state anche molte omissioni e miopie “. “Hanno nascosto le intuizioni di Mauro, che aveva capito molto della mafia che si muoveva a Trapani. Lo aveva capito e lo raccontava, come solo lui sapeva fare, attirando l’attenzione della gente. Con amore, generosità e intelligenza spiegava cosa accadeva a Trapani, denunciava quello che nessuno diceva. E spiegava che certe situazioni non erano affatto marginali. Ecco, se Mauro fosse vissuto, tanti misteri di mafia sarebbero stati probabilmente chiariti. Ma glielo hanno impedito “. Indagini lunghe 26 anni, tre ani di processo per giungere alla sentenza di condanna all’ergastolo nei confronti dei mafiosi, il suo rapporto con la giustizia qual è? “Non ho perso fiducia nella giustizia, ecco perché sono tornata in un’aula per chiedere la verità sulla morte di Mauro. E adesso è stata emessa una doppia sentenza di condanna nei confronti di esponenti mafiosi”.

“La corte presieduta da Angelo Pellino ha fatto un gran lavoro, lo ripeto questo era un processo difficile, reso ancora più complesso dai depistaggi che erano scattati subito dopo l’omicidio. Non era davvero facile tirare le fila di un evento accaduto a Trapani nel 1988 in un contesto davvero particolare. Adesso sono contenta soprattutto perché il processo ha fatto emergere in tutta la sua chiarezza la figura di Mauro e quello che lui ha fatto. Aveva una grande capacità di comunicare, aveva generosità e intelligenza”. Maddalena la figlia di Mauro e Chicca ha scelto di non parlare più dopo la sentenza. Restano indelebili però le sue parole quando fu sentita dalla Corte di Assise, oggi come ieri testimonianza preziosissima: “Mauro era il terapeuta della famiglia, della comunità, del giornalismo voleva essere il terapeuta di questa città….lo vedevo in tv, nei servizi importanti e quando andava in giro a fare parlare la gente….quando scoprì che un gruppo di ospiti della comunità e che lavoravano con lui a Rtc erano tornati a spacciare droga, li cacciò dalla tv e poi lo vidi piangere…..mio padre non depresso poco prima del suo delitto come ho letto in un verbale la parola depresso non rientra nei comportamenti di mio padre poteva essere deluso non depresso ….Guardavo spesso i servizi che faceva Mauro, io ricordo diverse cose, ricordo quanto il suo lavorare a RTC e le cose che faceva rispecchiassero molto la sua persona, questo mi piaceva molto per cui tu potevi vedere l’edizione del telegiornale, del redazionale serio, che parlava di cose concrete e efficaci, tanto quanto poi faceva invece delle rubriche che erano ironiche, forti, incisive che era proprio il suo modo di creare un rapporto con i trapanesi”.

A noi piace ancora ricordarlo ripetendo quella chiosa con la quale concluse un reportage sensazionale nei contenuti. L’intervista con l’allora dirigente del Pci, avv. Salvatore Maria Cusenza. Fu un doppio servizio che descriveva la mafia trapanese, gli organigrammi, gli affari. Lui chiuse dicendo con un auspicio… “vorremmo che della mafia si parlasse nelle case allo stesso modo con il quale si parla della presenza degli scarafaggi”.

Da liberainformazione.org


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