di Rita Salvadei e Alessandro Ambrosin
ROMA – Dalla terra tutto deriva e nella terra tutto finisce”. Così disse Senofane nel suo lungo filosofare vagabondando da un luogo e un altro. Egli aveva capito perfettamente l’importanza di questo elemento vitale. E’, infatti, la stessa terra che ogni giorno nutre e che al contempo va alimentata, custodita, protetta dalla generosità dell’uomo.
E’ un dare e avere che si ripete da secoli immemori. Una massima nobile e coscienziosa, quella di Senofane, che calza perfettamente con il messaggio racchiuso nell’ultimo lavoro del regista Jonhatan Nossiter, ‘Resistenza Naturale’, il docufilm che, il prossimo 29 maggio, uscirà nelle sale cinematografiche di tutta Italia, sotto la distribuzione della Lucky Red.
Il docufilm, girato con delicatezza e soprattutto autenticità, trasporta lo spettatore dentro il mondo dell’agricoltura, in particolare della viticoltura che, seppur esista da sempre, negli ultimi 50 anni è stato manipolato, stravolto e sfruttato fino all’impossibile. Sempre più spesso infatti, dove il soldo impera l’animo s’inquina, ma non per questo devono morire le speranze e le aspettative di chi cerca e lotta disperatamente per uscire da questo circolo vizioso e ‘viziato’.
Ecco perché i quattro vignaioli, protagonisti ‘liberi’ di Resistenza naturale, contadini moderni, in un certo modo rivoluzionari hanno deciso di percorrere una strada diversa, dettata esclusivamente dalla consapevolezza, dal buon senso, ma anche dalla negazione nei confronti di un modello economico lacerante, che induce inevitabilmente alla distruzione sociale, economica e umana. Insomma, come recitava lo slogan di Porto Alegre, ‘un altro mondo è possibile’. I quattro protagonisti ci hanno voluto credere e continuano a farlo producendo un vino che, a prescindere dal sapore autentico che trasmette, è il frutto di quella terra prestata all’uomo, rispettata, preservata nella sua integrità, scevra da manipolazioni chimiche che invece, sempre più spesso, il mercato impone, in nome di una globalizzazione dalla quale solo pochi eletti si spartiscono i profitti.
Quella che propone Nossiter è una vera e propria storia di resistenza etica e di disobbedienza civile al nuovo ordine economico-sociale, contro il becero istinto di un’umanità che, in questi ultimi anni, sta pagando sulla propria pelle scelte sbagliate, che hanno originato una crisi economica epocale travolgendo il cosiddetto Occidente ‘libero e opulento’. Fanno davvero un certo effetto le riprese del regista che, quasi prendesse per mano il telespettatore, lo porta nel mondo incantato delle colline piemontesi, emiliane, toscane e marchigiane, mettendo a confronto il vecchio e il nuovo, la coscienza e l’incoscienza, il bene e il male. Quale altra Nazione se non l’Italia poteva rappresentare al meglio la vocazione agricola, purtroppo sempre più spesso vittima di un compromesso burocratico e cinico, dettato dalle sole leggi del mercato, a scapito del gesto artigianale, autentica memoria del passato in un mondo post globalizzato.
La presenza nel docu-film di Gianluca Farinelli, direttore della cineteca di Bologna, stabilisce un legame tra la resistenza civile dell’artigiano/contadino che non possiede, ma custodisce le terre e il mondo del cinema indipendente e critico rispetto al dominante pensiero unico.
Le immagini di repertorio degli anni ’60 di Cesare Zavattini, le interviste di Pier Paolo Pasolini agli uomini e alle donne di campagna che denunciano la decadenza moderna con frasi del tipo “un tempo si stava meglio”, spezzano il ritmo del racconto di Nossiter, riportando alla memoria le speranze mancate di una generazione che, reduce dalla sanguinosa guerra mondiale, pensava che sviluppo e progresso fossero le facce della stessa medaglia. E forse per un breve tempo lo sono anche state.
Ma nel film emerge la possibilità di scegliere e di resistere, direbbe Serge Latouche, un passo obbligato contro la società dei consumi. Siamo quel che mangiamo, dice uno dei vignaioli perché dietro a un bicchiere di vino ‘naturale’ si cela la vita nella sua espressione più intima e autentica. Proprio come la terra, pura, autentica, sana, dal profumo inconfondibile. Una scelta di vita sostenibile nel rispetto dell’ambiente che ci circonda. Ma è soprattutto quel che racchiude un semplice calice di vino, una bevuta in compagnia, ovvero il piacere di incontrarsi, di confrontarsi e di donare il proprio sapere all’altro e perché no, anche di tentare di risolvere i problemi del mondo, che poi sono gli stessi che Nossiter, tra le immagini toccanti, ha voluto raccontare con grande maestria e semplicità. E probabilmente, come recitavano i saggi contadini, il futuro è ancora dentro il nostro passato.
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