Quello che è successo con la circolare del Consiglio Superiore della magistratura del 5 marzo scorso e con l’abituale scarsa attenzione(per non dir peggio) dell’Associazione Nazionale Magistratura nel difendere i magistrati più esposti nella procura di Palermo è raccontato, mi pare, con tutti i particolari dall’ex procuratore aggiunto del capoluogo siciliano Antonio Ingroia, che ha ormai lasciato la magistratura.
Quella circolare – per chi non lo ricordasse nella folla di notizie che ogni giorno intervengono sulle vicende di mafia (non a caso siamo il paese primogenito nell’universo mafioso e nulla ci facciamo mancare nel pianeta, grazie agli affari miliardari che la ‘ndrangheta, Cosa Nostra e la camorra campana compiono ogni giorno) – il Consiglio Superiore della magistratura con una circolare, poi criticata anche dal capo della procura di Palermo, Messineo , ha deciso di precludere ai sostituti Antonino Di Matteo e Roberto Tartaglia (e a partire da giugno anche a Francesco Del Bene) la possibilità di nuove indagini sulla trattativa tra mafia e Stato.
Ingroia ha ricordato, come sanno tutti quelli che di queste vicende si occupano, direttamente o per ragioni di studio, che non si tratta del primo episodio da parte del CSM visto che tentativi di neutralizzare le indagini o di porre ostacoli alla loro prosecuzione sono avvenuti più volte negli ultimi venti anni di populismo trionfante ed hanno riguardato lo stesso Ingrao e l’attuale procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato.
Di fatto la conoscenza approfondita della questione che hanno acquisito per anni gli attuali magistrati non potrà essere acquisita in poco tempo da altri che subentrerebbero formando un nuovo gruppo di lavoro. Del resto – ricorda Ingroia – c’è un elemento formale utilizzato dal CSM nella sua circolare quello di non tener conto che Di Matteo, che da alcuni anni non faceva più parte della Direzione distrettuale Antimafia è stato applicato al processo, con il consenso del capo della procura Messineo e il voto unanime dei dirigenti dell’ufficio. In realtà, il Csm vieta, con la sua circolare del 5 marzo scorso, che le procure possano individuare ragioni di eccezionalità delle indagini e per questo applichino magistrati ad alcuni processi.
Inoltre nella circolare del 5 marzo scorso si indicano criteri molto più rigidi per individuale l’eccezionalità dei processi e la conseguente applicazione di altri magistrati. Si parla di “delitti contro l’economia, la pubblica amministrazione, la salute e l’ambiente oppure nel caso in cui tutti i magistrati appartenenti alla Direzione distrettuale abbiano un carico di lavoro tale da impedire loro di occuparsi di altre indagini”. Si restringe così in maniera significativa la libertà della procura di applicare magistrati particolarmente esperti nelle vicende di mafia.
Ingroia, a questo punto, sollecitato dal giornalista chiede al procuratore di Palermo di adottare un’eccezione alla normativa. Tutto ritorna, insomma, nelle mani del procuratore Messineo e c’è da sperare che al più presto possa e voglia farlo a vantaggio dell’indagine e degli italiani che ne aspettano la conclusione migliore.