Uno spiraglio di speranza si apre per la liberazione delle 276 ragazze in mano ai terroristi di Boko Haram dallo scorso 15 aprile. Secondo il quotidiano inglese “Daily Telegraph” che cita fonti interne al gruppo, gli integralisti avrebbero compreso l’impossibilità per il governo nigeriano di liberare i leader detenuti anche in vista delle elezioni presidenziali e parlamentari del prossimo anno. E quindi Boko Haram si accontenterebbe di far rimettere in libertà militanti di secondo piano ed i loro familiari. Un bagno insomma di realismo politico. In fondo i fondamentalisti hanno ottenuto una grande visibilità con questo rapimento di massa, riuscendo ad imporre la sanguinaria sigla Boko Haram sui media di tutto il mondo. In ogni caso la perversa strategia del sangue e del terrore ha smascherato il fragile sistema politico che festeggia il superamento del Sudafrica con il prodotto interno lordo più alto del continente anche se la Banca Mondiale colloca la Nigeria tra i paesi con il più basso reddito pro capite. I fondamentalisti hanno gestito con competenza sui mezzi di comunicazione di massa l’intera vicenda anche nella perfetta scelta dei tempi per la diffusione del video con le ragazze in preghiera preceduta dalla marea di minacce. E poi questi lunghi giorni di detenzione nella foresta di Sambisa non hanno certo rallentato i consueti attentati. Domenica nella quartiere cristiano della città di Kano un’autobomba ha ucciso 5 persone mentre sabato 40 abitanti di un villaggio nello stato federale di Borno sono stati trucidati, secondo una consolidata consuetudine che vede nel mirino anche i musulmani moderati.
Il governo non ha le capacità di fronteggiare il terrorismo anzi ne è permeato nelle alte sfere che garantiscono protezioni. L’esercito perde fiducia nelle istituzioni impegnate a depredarlo, a fermare il flusso di armi ed addirittura cibo e salari che si fermano nelle tasche di burocrati cleptomani.
Insomma un atto di generosità (questo il ragionamento) potrebbe anche tornare utile all’immagine dei terroristi.