Nigeria, un crimine contro l’umanità

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ARTICOLO21 (Circolo di Nairobi) Un po’ difficile annoverare la Nigeria tra le periferie del mondo se non ai miopi occhi italiani , impegnati a seguire il nostrano “teatrino della politica” quotidiano che riserva sempre colpi di scena in grado di smuovere l’acqua stantìa nel piccolo bicchiere europeo. La Nigeria è il paese più popoloso dell’ Africa con i suoi 160 milioni di abitanti. E’ il primo paese produttore di petrolio del continente nero e l’ottavo al mondo, come ben sa la nostra Eni che nello stato federale di Bayelsa (nel delta del fiume Niger, irrimediabilmente inquinato dalle estrazioni) gestisce numerose piattaforme. Difficile anche considerare questa grande nazione appartenente al cosiddetto terzo mondo: girando tra le strade eleganti di Lagos e Abuja si resterà stupiti dai saloni di concessionarie d’auto di lusso e (piccolo tocco di classe) questo “strano” paese è anche il più grande importatore e consumatore di raffinati e costosi champagne francesi. Un paese che evidenzia con drammaticità la forbice che divide un pugno di ricchi ed una massa enorme di poveri, scisso tra un sud più sviluppato e moderno (a maggioranza cristiana) ed un nord povero ed arretrato (a maggioranza musulmana). Ma non è stato il fattore religioso a creare questa profonda frattura bensì scelte del governo centrale che nella logica del “divide et impera” ha favorito lo sviluppo ineguale approfittando anche delle maggiori resistenze alle novità dei fondamentalisti islamici e nei fatti conferendo il potere nelle loro zone a “sceicchi” che hanno anche dato un forte impulso alla corruzione ed alle arbitrarietà decisionali. Un paese complesso, dunque.

Ora con drammaticità si impone alla nostra attenzione per le 223 studentesse ancora nelle mani dei terroristi islamici del gruppo Boko Haram, rapite nella notte tra il 14 e 15 aprile a Chibok, nello stato nordorientale di Borno. Il sequestro di giovani ragazze non è nuovo nella strategia del gruppo che è nato e si batte per contrastare il sistema educativo considerato troppo filo occidentale perchè forma una classe dirigente a misura di Europa e Stati Uniti. Le ragazze – secondo i fondamentalisti – non devono andare a scuola ma già da giovanissime andare in spose per far nascere e crescere figli devoti all’integralismo religioso. Ora il sequestro delle 223 ragazze (tra i 12 ed i 17) si impone perché è stato di massa. Una azione studiata a tavolino e con grande perizia portata a compimento. Probabilmente le ragazze non sono più nella foresta di Sambisa (dove erano state concentrate) ma già portate e vendute come schiave nel confinante Camerun. Una vicenda che mette a nudo inerzia ed incapacità del governo a gestire questa emergenza. Il presidente Goodluck Jonathan ha ammesso solo il 4 maggio (dopo 19 giorni) che si trattava di sequestro e che ha innervosito anche sua moglie, la first lady, che ha fatto fermare dalla polizia la leader della protesta dei parenti delle ragazze che puntava il dito sulle responsabilità delle autorità.

L’arrivo di corpi speciali da Stati Uniti, Inghilterra; Francia e Cina per affiancare la polizia nigeriana nella ricerche degli ostaggi accende la luce sulla totale mancanza di incisività dell’azione dell’esercito nigeriano che da un anno sta rastrellando con scarsi risultati tre stati federali del nord est. Forse i terroristi sono riusciti nel loro intento di richiamare l’attenzione del mondo.

A fronte di quello che si può configurare come un crimine contro l’umanità, il Circolo di Articolo 21 di Nairobi aderisce all’appello lanciato da Riccardo Noury di Amnesty International per stigmatizzare l’atteggiamento del governo nigeriano ed affiancare nella ricerca delle ragazze le autorità locali con esperti internazionali. Ma anche e soprattutto per accendere la luce su un paese che ci ricorda che ignorandolo facciamo il gioco di quanti lo vogliono distruggere.

* Portavoce Circolo di Articolo21 di Nairobi


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